In quegli anni migliaia di giovani fecero una scommessa, una scommessa con una posta veramente grande.
E quella scommessa l’hanno persa.
Pare che la televisione di Stato abbia distrutto (o smarrito o disperso) le bobine con le immagini della manifestazioni studentesche e popolari del biennio 68-69.
Mi sembra giusto. E’ opportuno certo archiviare e catalogare con la massima cura tutte le partite di calcio-spettacolo o i vaniloqui dei varietà settimanali, non i documenti visivi e sonori di quegli anni da esorcizzare.
Ma dove sono i protagonisti veri di quegli anni? Non parlo dei “dirigenti”, ma delle centinaia, delle migliaia di militanti oscuri, senza nome, di quelli che davvero c’erano, di quelli che hanno vissuto quella straordinaria stagione che ha segnato profondamente la loro vita. Allora, in quegli anni memorabili, essi fecero una scommessa, una scommessa con una posta veramente grande. E quella scommessa l’hanno persa.
Gli antefatti
Quando noi andavamo a scuola, alla scuola media (e anche alla scuola superiore, per la verità), il ‘68 non c’era. Né si poteva inventarlo. C’era per contro l’esame di ammissione, che molti ricorderanno. Era un esame severo che segnava allora lo spartiacque tra la scuola elementare obbligatoria e la scuola media inferiore, riservata, in barba all’Art. 34 della Costituzione, ai figli di “buone” famiglie. Oggi l’esame di ammissione non c’è più: la scuola media è obbligatoria ma la selezione è ritornata, altrettanto sommaria, nella scuola superiore. Ma questo è un altro discorso.
Con l’estate di studio forse non “matto e disperatissimo”, ma certo assiduo e solitario superammo quel primo ostacolo sulla strada per uscire da una condizione di arretratezza e minorità culturale.
Alle medie ci andavo ancora con i calzoni corti e mi vergognavo un po’…
….Era caos, speranza, sogno, utopia, un grande ‘boh’ senza direzione, bastava andare, partire, annusare strade, cieli sconfinati, toccare sogni, sbattere di vita. O provare a farlo. Con tutto, a volte troppo, musica, letteratura, poesia, droghe, politica, sport. Cesare Fiumi insieme a Nanda Pivano il ’68 lo hanno vissuto da protagonisti e lo hanno raccontato con carezze di penna che è come leccare coni di creazione: “Mexico City – scrive Cesare Fiumi – le Olimpiadi del ’68 che avrebbero visto la prima finale tutta nera dei cento metri e che avrebbero ammirato la falcata inarrivabile di Tommie ‘Jet’ Smith. E accade, in quel ’68 tanto atteso, che prima ammazzassero Martin Luther King e che la battaglia contro la segregazione razziale diventasse per forza violenta, con le Pantere Nere a farsi giustizia da sé, e che Tommie Smith salisse con John Carlos sul podio olimpico senza scarpe e con i calzini neri (che voleva dire povertà) il pugno chiuso e guantato di nero (che voleva dire povertà), il pugno chiuso e guantato di nero (che voleva dire ribellione) a trasmettere brividi al mondo mentre la banda suonava l’inno americano: un’immagine che sarebbe diventata ben presto il poster della rivolta dei ghetti…
SUL NUMERO IN EDICOLA DA VENERDI’ 18 MAGGIO