(M.B.) Riporta l’Osservatorio Nazionale morti sul lavoro: “Al 24 gennaio 2022 sono morti dall’inizio dell’anno 60 lavoratori, 28 di questi sui luoghi di lavoro, gli altri sulle strade e in itinere; 3 in Veneto, due in Lombardia. E’ morto il terzo agricoltore schiacciato dal trattore, dopo il 39enne di Campobasso, un 38enne a Cosenza, negli ultimi 5 giorni hanno perso la vita 9 autotrasportatori, 3 dei quali sull’A1 in Calabria. Muoiono due lavoratori siciliani. E il povero giovane Lorenzo Parelli muore a 18 anni all’ultimo giorno di Scuola-Lavoro. Ma poche ore dopo è morto Thomas Tavola di 19 anni, travolto dall’albero che tagliava. Altri 4 lavoratori hanno perso la vita dopo di lui.”
Le morti bianche sono da sempre una grave ombra in un paese democratico come l’Italia, repubblica “fondata sul lavoro”. Fondata sul lavoro, un lavoro che tuttavia non è tutelato a sufficienza. Le vittime del lavoro ad oggi sono vittime di un pensiero economico diffuso e inevitabilmente in crescita, che è quello del guadagno. È in quest’ottica che non si assume, in quest’ottica che si risparmia sui corsi sulla sicurezza, sulle assicurazioni, in quest’ottica che si avalla il lavoro nero. La presenza dello Stato in economia e nel mondo del lavoro non è sufficiente se lo Stato non controlla o si limita ad osservare le situazioni statisticamente migliori.
Sempre l’Osservatorio Nazionale morti sul lavoro sottolinea che le vittime “con più di 61 anni sono oltre il 20% di tutti i morti sui luoghi di lavoro; i morti da questa età in su sono soprattutto in agricoltura, in edilizia e tra gli artigiani”. Insomma, lavoratori “anziani” che svolgono le attività più rischiose, mentre i più giovani devono affrontare sempre più preoccupanti situazioni di precarietà, nella difficoltà oggettiva di inserirsi nel mondo del lavoro: non hanno abbastanza esperienza. La verità è che non ci sono corsi di formazione professionale; e così è facile che si ritrovino a svolgere lavori senza preparazione “e con il rischio di venir licenziati se avevano da ridire sui lavori pericolosi che dovevano svolgere”.
Orlando afferma: “Dobbiamo intervenire su frammentazione e precarietà del lavoro per dare alle nuove generazioni una prospettiva di lavoro diversa e più sicura. Dobbiamo evitare che la ripresa generi un arretramento sul fronte della sicurezza e della salute dei lavoratori”.
In verità ciò che servirebbe sono controlli più capillari da parte dello Stato, incentivi per eliminare il lavoro nero e lo sfruttamento dei lavoratori, finanziamenti per i corsi di formazione, riduzione degli iter burocratici per le assunzioni: non basta riconoscere i problemi, bigogna proporre soluzioni. Solo con interventi concreti e attivi la situazione può essere migliorabile.