Papà Giancarlo Moioli è visibilmente commosso e anche un po’ frastornato: “Mai pianto tanto in vita mia”, dice, e infatti ride e piange nello stesso tempo. Ha trascorso una notte fantastica, la più bella della sua vita, ma anche piuttosto faticosa, e adesso non fa altro che cancellare dalla memoria del suo smartphone le centinaia di messaggi di congratulazioni che gli arrivano da ogni parte per lasciare spazio alla tanto attesa telefonata di Michela. E’ il giorno della vittoria e medaglia d’oro, arrivata nella notte: “Non sono ancora riuscito a mettermi in comunicazione né con lei né con mia moglie Fiorella e con l’altra mia figlia Serena che hanno accompagnato Michela in Corea, continuo a provarci ma evidentemente ci sono dei problemi, la linea sarà stracarica…”.
La sua ‘bambina’ l’aveva sentita la sera prima della gara, per la consueta telefonata della buonanotte, quando gli aveva detto: “Papà, adesso vado a dormire con addosso la stessa trepidazione delle sere in cui da piccola aspettavo S. Lucia: non ero sicura che mi avrebbe portato il regalo che desideravo, però ero tanto fiduciosa, ci credevo e ci speravo con tutto il cuore perché ero consapevole di aver ‘fatto la brava’, di essermelo meritato facendo il mio dovere”.
Michela questo senso del dovere l’ha sempre avuto fortissimo, fin da bambina, convinta che per raggiungere un risultato ci vogliono fatica e sacrificio: “E in più ha sempre avuto il gusto della competizione. Sia lei che Serena, la sorella più grande, hanno cominciato a stare sulla neve fin da piccolissime: io mi caricavo le piccole… nello zaino e mia moglie caricava il suo zaino di pappe e pannolini, spesso le lasciavamo a dormire nella loro cesta mentre eravamo impegnati a fare soccorso sulle piste di Gromo. Qualcuno ci considerava dei genitori incoscienti a lasciare così due piccole al freddo e al gelo, invece sono cresciute benissimo, forti e robuste e con un grande amore per la neve… A tre anni sciavano tutte e due, ma si vedeva già che era Michela la più determinata e competitiva. Anche quando a casa si giocava a carte veniva fuori questo suo caratterino: se non vinceva si arrabbiava tantissimo, mi tirava le carte in faccia e non c’era verso di farla ragionare… Un carattere che è cresciuto con lei e che le ha sempre fatto prediligere i giochi da maschio, il calcio, il lancio del peso…”….
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