benedetta gente

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    In tribuna (che non è d’onore, tutt’altro, siamo seduti su gradoni di cemento al paese che ospita la squadretta dei nostri ragazzi), i due padri stanno confrontandosi su quello che Mattarella dovrebbe fare per risolvere il rebus del dopo elezioni, magari aspettando le prossime, in un autunno anticipato della Repubblica che non sappiamo più a che numero è arrivata, dopo la sepoltura frettolosa della prima. Non sono d’accordo su nulla, c’è uno che, decifrando frasi fatte, dovrebbe avere votato per gli stellari, ma quando quell’altro dichiara urbi et orbi (e bisogna riconoscergli il coraggio) che lui ha votato Pd, il primo si fa più cauto, riconosce a denti stretti meriti che poi a casa, a cena, negherà fermamente facendo un’arringa a posteriori, di fronte al pubblico ridotto alla sola moglie che è in tutt’altre faccende affaccendata. Si aggiunge al duo il leghista moderato che con l’avvento di Salvini è praticamente un ossimoro (scambierebbe il vocabolo per un insulto, meglio sorvolare) che sta per aprire bocca e mettere becco ma fortuna che i ragazzi sono schierati a metà campo per il saluto. Applausi conciliatori nella ritrovata unità identitaria.

    Abbandonata la politica ognuno ha la sua versione sulla tattica (sbagliata per definizione) dell’allenatore che dovrebbe spostare uno sulla destra e di conseguenza l’altro ovviamente sulla sinistra. E poi dicono che destra e sinistra sono definizioni superate…

    Nel 1946 il movimento dell’Uomo Qualunque, fondato da Guglielmo Giannini, raccolse un milione e duecento mila voti. Giannini, raccontava Montanelli, “era un teatrante che sapeva cogliere gli umori della gente, che erano malumori, adeguando il linguaggio a voluta rozzezza senza rifuggire dal turpiloquio (…) non era affatto, come dicevano i suoi detrattori, una riedizione del fascismo (…) ma un partito senza radici nella storia né ancoraggio ideologico, basato sulla protesta, che non poteva avere un domani. E così fu. Ciò non toglie che nel ‘46 avesse un presente”.

    Il presente di oggi è l’attimo fuggente, in un mese gli umori e i malumori cambiano bersaglio. Un partito che raccoglie la protesta prende tutto, raccolta indifferenziata di rifiuti dello statu quo: chi protesta contro i privilegi e chi protesta perché perde privilegi; chi paga troppe tasse e chi le evade ma vorrebbe farlo… legalmente; chi vorrebbe più servizi efficienti e chi non ne ha bisogno e vorrebbe tagliarli perché costano troppo; chi vorrebbe più forze dell’ordine sulle strade e chi viene multato per eccesso di velocità e protesta: andate ad arrestare i ladri, piuttosto; chi vorrebbe “lavorare” e lamenta lacci e laccioli e chi vorrebbe far niente e avere comunque il suo “reddito di cittadinanza”.

    Nuove elezioni alle porte. Da qui all’autunno sarebbe tutta una campagna elettorale per intercettare quei “rifiuti”, badando a lisciare il pelo a tutti, parole senza senso, promesse indifferenziate, proclami di palingenesi totale. E i vincitori di giornata sarebbero poi di nuovo costretti a cercare compromessi al ribasso, pronti a scaricare su altri le colpe di non poter mantenere quelle che negli slogan erano le soluzioni finali che avrebbero cambiato il mondo.

    Mentre nel pollaio italiano i galletti di giornata se la cantano e se le tirano, nel mondo soffiano venti di guerra, si sono moltiplicate le nazioni in possesso delle armi atomiche e quindi aumentano le percentuali di pericolo che uno dei tanti ras di quartiere (la globalità riduce il pianeta a una città) una mattina di queste le sganci per vedere l’effetto che fa. E noi abbiamo chiuso a due mandate la porta di casa, caso mai arrivino a bussare per chiederci “che fare”, che non ne abbiamo la minima idea. Sulla tattica del calcio sì che ne avremmo, di soluzioni, invertire i ruoli, destra e sinistra e dai e vai cercando di centrare il bersaglio grosso. E invece verranno a chiederci di votare di nuovo, ma meglio dell’ultima volta: è la Repubblica (seconda o terza non ricordiamo a che numero siamo arrivati) che bussa alla nostra porta.

    All’alba verranno a domandarmi venti chili di riso, ma non perdiamo la calma, l’importante è dirgli un no deciso, forse li accoglierò con la vestaglia turchese rendendo baci per le offese” (Vecchioni d’antan).

    Piero Bonicelli