(p.b.) Tsipras ha stravinto le elezioni in Grecia. Della Grecia ci eravamo proprio dimenticati, la bufera finanziaria si era spostata e, come i tifoni, i tornado, le trombe d’aria, era arrivata fino in Cina. Delle macerie greche non ci importava più nulla, come del Partenone con le sue cariatidi o dell’Isis che distrugge i siti archeologici e l’antico tempio di Palmira. Che poi anche le storiacce del nostro Colosseo con gli scioperi selvaggi e le caricature imbarazzanti degli antichi soldati romani, hanno il loro effetto distruttivo. Ci accorgiamo che “perdiamo” pezzi di storia dell’arte solo quando ci fanno vedere le macerie. “In fondo sono quattro sassi”. La frase ricorrente è di un desolante (oltre che culturale anche economico, visto l’indotto del turismo), analfabetismo di ritorno. Ma che ritorno, non c’è mai stata neppure andata, la storia dell’arte è rimasta nei licei come materia secondaria, e questo nel paese con più reperti e opere d’arte del mondo intero. Grecia, Cina e adesso anche la Germania che ci ha sempre guardato con la puzza sotto il naso, “i soliti italiani imbroglioni” e il riferimento era al “tradimento” finale alla fine della guerra. Per questo le vittorie della Ferrari sulla Mercedes valgono doppio. Ma adesso sappiamo che anche i tedeschi, nel loro grande, imbrogliano (caso Volkwagen).
Ma abbiamo altro cui pensare, pensiamo piuttosto alle macerie dei nostri investimenti con i crolli di borsa, un’altalena continua, montagne russe, su e giù e anche qui titoloni “bruciati 150 miliardi” e uno immagina che davvero abbiano bruciato carta moneta. Titoli curiosi e definitivi, come quelli appunto delle elezioni greche: “Tsipras distrugge la sinistra” e “E’ la vittoria della sinistra anti-austerity”. O uno o l’altro, il principio di contraddizione è finito peggio della storia dell’arte. Bisognerebbe sempre leggere almeno due o tre giornali, non per farci un’idea perché rischiamo di farcene tre o quattro, tutte sbagliate, ma anche solo per farci una risata, come per le pagelle del calcio dove, a seconda del quotidiano, le pagelle dello stesso giocatore vanno dal 4,5 al 7 senza pudore. Poi uno si chiede perché i quotidiani sono in caduta tragica di vendite.
Non mi hanno mai convinto quelli che sostengono la tesi che non ci siano più sinistra e destra. Ma adesso barcollo nella certezza. Leggo roboanti esultanze per l’ascesa di tale Corbyn alla guida del partito laburista inglese della serie “Anche l’Inghilterra va a sinistra: che fa Renzi?”. Oppure l’attesa mediatica del successo di Podemos in Spagna, “che fa Renzi?”. Non hanno vinto niente, non governano. Ma in Italia la sinistra intona “inni e canti sciogliamo fedeli”: vi immaginate nella “perfida Albione” i laburisti esultare perché Bersani si è rimpossessato della maggioranza del Pd? Sai cosa gliene frega. Un po’ di orgoglio nazionale, dai, l’Europa è un insieme di nazionalismi inconfessati, solo noi siamo più lealisti del re.
Avete notato come, passata la tromba d’aria (fritta) sulla Grecia, anche i nostri sostenitori del “fuori dall’euro” abbiano riposto nel dimenticatoio i gridi di battaglia e abbiano ripiegato sui profughi? Grillo fa una scenetta sul blog immaginando che i 5 Stelle governino dal 2017 e nel 2042 o giù di lì l’Italia sia diventato un paese “meraviglioso, fuori dall’euro, fuori dalla Nato”. Fuori dal mondo. Restano le cartucce da sparare sui migranti ma anche qui le urla si smorzano in gola, il grande esodo ha preso le vie di terra, nel prendere atto che il mare nostrum è un cimitero e passa confini lontani. E allora si ripiega su “come” gli altri Stati cerchino di arginare, fermare, barricare, murare, respingere…
Ma poi ripieghiamo sulla riforma del Senato, di cui non ci importa granché, ma c’è il grido d’allarme di una svolta autoritaria, l’invocazione al Presidente della Repubblica perché fermi il “dittatore”, per una legge già votata e approvata in prima lettura sia al Senato che alla Camera dagli stessi che adesso urlano al golpe. La sinistra non imparerà mai, sembra abbia il complesso del “distinguo” che faceva dire a non ricordo più chi che se si ritrovano a discutere in tre, di idee diverse ne hanno almeno quattro, ma è come non averne nessuna perché non se ne arriva mai a una… E’ l’assemblearismo, la bella tesi delle decisioni condivise, frutto di lunghe e ponderose riflessioni e discussioni infinite. Che poi è stata la rovina della gloriosa Repubblica romana, costretta di quando in quando a nominare dei “dictator” (dum Romae consulitur Saguntum expugnatur: mentre a Roma il Senato passava mesi a discutere su chi mandare in Spagna a fermare Annibale, quello rase al suolo Sagunto, la città baluardo ai confini romani). E le infinite discussioni bizantine (Bisanzio fu la brutta copia di Roma) hanno sempre portato, come nella Repubblica di Weimar, alle vere dittature.