benedetta gente

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    Trovate in questo numero una lunga chiacchierata con l’autore di un libro dal titolo insolito “Se ne ride chi abita i cieli”, che sembrerebbe uno sberleffo alle nostre paturnie quotidiane. Chi ha fede dovrebbe avere, anche solo per un residuo di memoria catechistica sulle virtù teologali, anche speranza e carità (?) e alcune certezze che di questi tempi sembrano perfino gratuite, visto il dilagare dell’incredulità e dell’indifferenza per il futuro di chi verrà dopo di noi. In ogni parte del mondo centinaia di migliaia di giovani sono scesi in piazza per gridare la loro protesta contro il consumo di questa terra che, serve ribadirlo, è l’unica che abbiamo sotto i piedi. Certo, chi “vola più alto del suo angelo custode” se ne può “ridere” della nostra presunzione di salvarci senza merito. La mia generazione si era mossa (in ogni parte del pianeta quasi contemporaneamente) con il proposito ambizioso di “cambiare il mondo”. Da mossa a sommossa, la fantasia ha sfiorato la conquista del potere, si è illusa di averlo conquistato, poi ha ripiegato dalla poesia alla prosa, degenerata anche in tragedia. Questa generazione di giovani si accontenterebbe di… “salvare il mondo” (in realtà è un obiettivo ancora più ambizioso, ma al limite della disperazione). La mia generazione ha mancato l’obiettivo, si è persa a rincorrere falsi bersagli collaterali, si è persa in interminabili (e noiose) discussioni sulle priorità, si è persa e divisa sui modi e sui tempi, insomma, si è persa. E ha perso.

    Il mondo è restato com’era, anzi, è peggiorato, siamo cambiati noi, col tempo e con l’età.

    Ma adesso la posta in gioco è il futuro. La generazione del divano si è alzata. Ci eravamo appena detti sconsolati che i giovani se ne stavano tutti rintanati in casa con le loro play station e i loro smartphone sempre accesi, immersi in una realtà virtuale, che è già un ossimoro. E vai con le lamentazioni di noi adulti: “sono isole e nemmeno felici, un arcipelago di futuri schiavi moderni di una tecnologia apparentemente liberatoria” ecc ecc. con i cappuccini fumanti o i calici di bianco al bar e le chiacchiere a salve che in fondo ricalcano le frasi fatte di ogni generazione adulta nei riguardi dei giovani, man mano che questi si impadronivano di nuove scoperte tecnologiche che chi li aveva preceduti non aveva avuto. “Dove andremo a finire?” è sempre stata la frase più gettonata in ogni passaggio di età. Ecco, adesso quella frase ha tutt’altro senso, noi adulti ci siamo convinti che vale solo il presente, siamo noi ad aver cancellato il passato per “stare al passo”, siamo noi che non sappiamo coniugare il futuro. E la generazione del divano si è alzata, ha occupato le piazze, quelle vere, quelle che sembravano desertificate, dal virtuale al reale.

    In fondo questi giovani cercano di salvare il mondo oltre il tempo che abbiamo noi adulti in prospettiva, come attesa di vita. Vogliono avere un futuro: per questo vogliono salvare il mondo. Non perché gli piaccia, la priorità è salvarlo, poi per cambiarlo magari ci penseranno, magari cercando di evitare gli sbagli che abbiamo fatto noi. Che nel frattempo… “abiteremo i cieli”. Senza ridere.