Il Carcere di Bergamo in questi giorni è sulle cronache nazionali, non per qualche altro ‘problema’ interno (vedi la vicenda dell’ex direttore Antonino Porcino) ma per gli ‘ospiti’. Massimo Bossetti e Felice Maniero, per vicende diverse, in questi giorni stanno facendo parlare di sé. Bossetti ha scritto al direttore di Libero, Vittorio Feltri, una sorta di appello per ribadire la propria innocenza, lui, condannato in via definitiva. Ecco la lettera:
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“ Gentile Direttore Feltri,
forse rimarrà sorpreso che io Le scriva, ad essere sincero lo avevo in mente da molto tempo, ma la pressione della vicenda che mi ha travolto e il massacro mediatico mi hanno messo alle corde come un pugile che le ha prese di santa ragione.
Ritengo che lei, da bergamasco doc, sia un uomo di sani principi. Io Direttore, non sono né l’assassino della povera Yara, né il mostro che i media e i social hanno dipinto. Sono un uomo normale, semplice che pensava al lavoro e a non far mancare nulla alla propria famiglia.
Arriva quel maledetto giorno che ha sconvolto la mia vita e quella della mia famiglia, e dei miei cari che oggi mi guardano dal cielo, e sono convinto che questa vicenda li ha provati moltissimo. Non voglio entrare in questa lettera nei dettagli, però non posso fare a meno di dire che il trattamento che la giustizia italiana mi ha riservato è stato scorretto e ha calpestato ogni diritto alla difesa, e mi riferisco anche a quell’ex ministro dell’Interno incapace, che gridava al mondo che era stato preso l’assassino di Yara, calpestando la Costituzione.
Poi in carcere a Bergamo, la P.M. e vari responsabili dell’organo penitenziario, mi pressavano a confessare in continuazione un delitto proponendomi benefici. Come potevo confessare un delitto che non ho commesso? La P.M. più volte ha provato a propormi benefici, se erano così sicuri di aver preso l’assassino, non li proponevano con insistenza, né benefici e tanto meno facevano produrre filmati manipolati da distribuire ai media….
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