Giorgio Fornoni le pallottole le ha sentite fischiare, un fischio vicino, di quelli che ti sfiorano il viso e nemmeno ti accorgi di essere stato fortunato a non andare in cielo, di tempo non ne hai, il tempo lì non c’è, c’è solo una corsa contro tutto e tutti, per schivare pallottole, sopravvivere, raccontare, fuggire. In questi giorni del popolo curdo ne stanno parlando tutti, ma pochissimi in mezzo a quella gente ci sono stati davvero, uno di questi pochissimi è Giorgio Fornoni, che in Kurdistan ci è stato tre volte, in mezzo a questo popolo che lui ha definito ‘senza patria’. Ci ha portato decine e decine di pagine, documenti, foto (alcune troppo crude per poter essere pubblicate), volti, parole, diari scritti in arabo di chi quella follia la vive ogni giorno. Giorgio ha documentato, raccolto, raccontato, rischiando la vita, mettendoci il cuore. Come fa sempre: “Penso spesso al popolo curdo, oggi arruolato come fronte anti-Assad dalle potenze occidentali – racconta Giorgio – ho conosciuto il loro dramma, la loro aspirazione ad essere nazione indipendente. Ne avevo fatto un reportage, descrivendolo come un “popolo senza patria”. Oggi 30 milioni di curdi si trovano divisi tra Turchia, Iraq, Iran e Siria, sono diventate le pedine di un gioco a scacchi molto più ampio e il loro sogno si allontana sempre di più, travolto dai vari interessi contrapposti”. In queste pagine il racconto di Giorgio Fornoni in mezzo al popolo curdo, un reportage che ci porta dritti in mezzo al dramma di milioni di persone, senza fronzoli, senza dichiarazioni politiche, senza un sentito dire. Tutto in prima persona. Direttamente dal Kurdistan, fianco a fianco a un ‘popolo senza patria’.
Il paese che non esiste
Giorgio Fornoni
Sono entrato per la terza volta nel “Paese che non esiste”, in Kurdistan nell’agosto del 1997, non più come la volta precedente da Zakho ormai in mano ai soldati turchi e frontiera chiusa, ma attraversando in barcone il fiume che fa da confine tra Siria e Iraq.
Su un veicolo di “Emergency”, la Ong (Organizzazione non governativa) di Gino Strada che si è guadagnato il rispetto di tutti i curdi rimanendo sul posto mentre tutti gli altri se ne sono andati in seguito alla guerra civile tra Barzani (PDK) e Talabani (UPK).
Ho attraversato il territorio presidiato dal primo e sono finito a Sulamanya, caposaldo del secondo.
Lungo il percorso, nei pressi di Zakho e quindi in pieno territorio iracheno, ho notato campi militari dell’esercito turco, posti di blocco ovunque, rassegnazione fatalistica nella gente.
Ho passato un po’ di giorni nell’oasi di pace che costituisce l’ospedale diretto da Gino Strada dove si rifugiano feriti di ogni genere, specialmente i colpiti dalle mine.
Lì sono venuto a conoscenza di tante storie di orrori.
Ho conosciuto Razà, un piccolo pastore che, dopo aver peregrinato da un villaggio all’altro con i suoi genitori, è saltato un una mina che gli ha tranciato una gamba. “Mi ha portato qui a spalle mio padre. Dopo tante sofferenze, ora, con la protesi, posso di nuovo camminare. Ritornando al villaggio non voglio più fare il pastore perché potrei calpestare un’altra mina; mi piacerebbe andare a scuola oppure aprire un piccolo negozio…”
Ho conosciuto Soran, 13 anni, sfollato e pure lui mutilato da una mina. Con la gamba artificiale va zoppicando a scuola: frequenta la scuola secondaria. Piccole grandi storie di ordinaria sofferenza, purtroppo, qui in Iraq.
Una pace che non esiste
Su qualche mappa che non tiene conto della realpolitik di Turchia, Siria, Iran, Irak, si legge ancora la parola Kurdistan. Ma i Curdi, 25 milioni di persone divise tra quattro nazionalità differenti, sono di fatto un popolo senza patria. E la strada che abbiano percorso diretti ad Erbil, nel cuore del Kurdistan irakeno, conduce in realtà verso una sola direzione: Baghdad….
Poesia curda
La luce santa
Mi sento come le città assediate da tutti i lati
Mi sento disperato
I sogni vengono bombardati
Le speranze vengono circondate dai fili spinati
I sentimenti vengono sparati senza scrupoli
Le gioie vengono saccheggiate
Spengono le luci negli occhi dei bambini
Fanno aumentare le grida delle madri
Mi sento come il mio paese diviso in quattro parti
Voglio credere in una luce divina
Abbraccio la mia luce
Come abbracciare la terra
Come abbracciare le stelle, le nuvole, il cielo
Come abbracciare il mare, le montagne, la natura
Come baciare la fronte della vita
E corro verso la mia luce santa
Mi perdo consapevole nella luce.
Seguendola entro in un cuore santo
E tutte le belle cose diventano l’amore
E io divento l’amore negli occhi santi
Come Luce Santa.
…SUL NUMERO IN EDICOLA DA VENERDI’ 8 NOVEMBRE