“Va tutto bene – ha dichiarato Trump – Missili lanciati dall’Iran a due basi militari in Iraq. Stiamo facendo una ricognizione dei danni e delle vittime in queste ore. Finora va bene! Abbiamo le truppe più forti e meglio equipaggiate al mondo!”. Dice che “va bene” prima di sapere di morti e feriti. I soldati italiani si sono rifugiati in un bunker. “Preparate lebare” avevano minacciato dall’Iran dopo l’uccisione del “martire” Alì Suliman da parte degli Stati Uniti. Il ministro iraniano smentisce “Non è guerra, è legittima difesa”. Praticamente una vendetta. Si aspetta la controvendetta. La guerra.Poi Trump cerca di fare marcia indietro ma intanto morti e feriti, un aereo abbattuto ecc. Donald Trump è sempre quello del wrestling, lo spettacolo gladiatorio (a salve) da cui proviene. Sembra uno degli antichi pazzi imperatori romani del panem et circenses. L’alzata d’ingegno di Trump dicono sia stata fatta per dirottare l’attenzione sul possibile impeachment (“Cos’è? Boh, le solite americanate”). E adesso missili, bombe, morti. Durante i funerali del “martire” Alì Suliman “almeno 40 morti e 200 feriti”. Quando la folla si avvita su se stessa. Tra Iran e Iraq facciamo già confusione, ma non la fanno loro, la Libia è diventata un campo di battaglia, la Turchia, dopo i Curdi, mette becco (e bombe) anche lì, a pochi chilometri dalle nostre sponde. E noi siamo qui, in mezzo al Mediterraneo, Trump è di là dall’oceano, butta fiammiferi nella polveriera per vedere l’effetto che fa sui suoi elettori-tifosi, quelli che amano “menare le mani”. E i militari di professione amano la guerra. Che, come sta scritto, “è una cosa troppo seria per lasciarla fare ai generali”.
Abbiamo eletto (non solo in America) degli incompetenti, ammaliati dai loro slogan e adesso ne subiamo le conseguenze.
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Ci dev’essere sempre una ragione per morire, non si può morire per “niente”. Perfino nella vecchiaia più avanzata non ci rassegniamo più a una fine “naturale”. No, non sopportiamo che la morte possa essere “naturale”, nemmeno per estinzione, la morte è stata rimossa come evento inevitabile (anche per questo le chiese si svuotano), deve pur esserci una causa specifica, imprevista, soprattutto evitabile, in modo che si possa incolpare qualcuno, il sistema, l’ospedale, il medico che non ha saputo capire per tempo i sintomi, l’intervento in sala operatoria che non è andato a buon fine, il cibo avariato, l’acqua, l’aria, in fin dei conti il… governo (o di contorno i poteri forti delle multinazionali che ci propinano nei supermercati ogni sorta di porcheria che noi ingoiamo, ignari di essere addirittura “avvelenati”). Che poi il sospetto sempre più spesso si trasforma in certezze, vere o presunte, dalla certezze si passa alle accortezze e in molti casi perfino alle scelte radicali e fideiste (e si diventa “vegani”). “Dagli all’untore”. In vecchiaia scopro che ne “I promessi sposi” c’è davvero tutto. I capitoli sull’inefficienza politica e amministrativa, le arroganze del potere, e anche la volubilità della gente quando si fa folla e allora quando si ha fame o quando si è travolti da epidemie, basta uno slogan per scatenare rabbie inconsulte su falsi bersagli.
Le vicende drammatiche delle ultime settimane hanno scatenato il panico, il contagio, “dalli all’untore”, dalli al “portatore sano”, dagli a quelli che “i vaccini ce li hanno ma fanno finta che non ci sono così li fanno pagare” (e magari sono gli stessi che gridavano alla dittatura del governo che obbligava a vaccinare i figli). Caccia all’untore, ci si spintona in fila per arrivare prima che finiscano le fiale, ci manca solo il “lei non sa chi sono io”.
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Una trentina di ragazzi sono stati intossicati in una colonia, colpa del cibo, no, colpa dell’acqua, “adesso dicono che è l’acqua è buona perché così con quella si lavano anche le mani”. Facciamo come Checco Zalone nel suo film: gli scoppiano le bombe intorno e lui imperterrito al telefonino si lamenta di dover pagare… le tasse. E avevamo appena finito di augurarci un buon anno.