RETROSCENA Il Duce “bergamasco” spacca la maggioranza ma nel PD si pensa già a congresso ed elezioni Gori o Martina per la successione di Maroni

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A due anni dalle primarie che incoronarono Giorgio Gori come candidato sindaco di tutto il centrosinistra bergamasco, i primi scricchiolii cominciano a farsi sentire nella maggioranza, e, soprattutto, nel Partito Democratico, al quale Gori è iscritto in rappresentanza dell’area renziana.

Il 23 febbraio del 2014 quasi l’intero PD lo sostenne, portandolo al 59% circa dei consensi. Il resto a Nadia Ghisalberti (ora assessore alla Cultura) e a Luciano Ongaro (capogruppo e unico esponente di SEL). Tre mesi dopo (maggio 2014) Gori, la sua lista e il PD fanno l’asso pigliatutto, lasciando solo due consiglieri al Patto Civico (l’ex lista Bruni, di area comunque riformista) e uno alla sinistra radicale (SEL). Basta tornare a dieci anni prima – alla vittoria di Roberto Bruni nel 2004 – per ricordare le condizioni di partenza molto più sfavorevoli e sbilanciate verso sinistra: un consigliere Verde (Roberto Bertoli), due di Rifondazione Comunista (Paolo Scanzi e Maurizio Morgano), Luciano Ongaro e Rocco Gargano (che ben presto aderì al gruppo dei comunisti) fra i consiglieri eletti nei Democratici di Sinistra, e due consiglieri di liste civiche (Mario Girola per la lista Bruni e Anghileri per l’Aratro) che subito si spostarono fra le file della minoranza.

Ma, al contrario di Roberto Bruni, politico formatosi nella prima repubblica, abituato alla mediazione e seguito, come capo di gabinetto a Palazzo Frizzoni, dall’ex vicesindaco Paolo Crivelli, l’ex proprietario di Magnolia ha vissuto i primi 30 anni della sua carriera lavorativa tutti in azienda e nel ruolo di decisore (o come manager o come capo), senza propensione alla mediazione….

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