PARRE – INTERVISTA AL PARROCO – Don Armando ha sconfitto il coronavirus: “E’ stato un percorso di grazia, mi sento miracolato. La gente di Parre voleva fare i turni per venire ad assistermi. Io li ho minacciati… ma devo tutto a loro”

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Un calvario che ha vissuto con fede e coraggio. Una storia che racconta con il sorriso sulle labbra. Giorni difficili ma di fronte a cui non ha mai mollato. Don Armando Carminati ha vissuto sulla propria pelle il Corona virus. Polmoni che non respiravano più. Ma un’anima che non ha mai smesso di riempirsi di cielo sostenuta da una carica di affetto incredibile. E il parroco di Parre ne è uscito, una guarigione lenta ma continua che l’ha riportato alla salute.

Come molti altri, don Armando aveva inizialmente sottovalutato il pericolo, e anzi non aveva preso molto bene l’imposizione dei divieti arrivata a partire dal 23 febbraio. “Onestamente non ci si rendeva conto della situazione – inizia a raccontare -, è sembrato esagerato non poter celebrare più le Messe. Io mi ero innervosito, non riuscivo a capire perché sospenderle. Non so che idea ha chi fa le leggi riguardo la partecipazione della gente alle celebrazioni. Non si tratta certo delle GMG con migliaia di giovani riuniti, le nostre Messe hanno numeri irrisori, nei giorni feriali al massimo 10 persone. Ma è davvero importante per la loro vita, per me e per tutta la comunità: celebrare la Messa con i miei dieci nonnini è un ossigeno per le famiglie di Parre. Avevo reagito un po’ da ribelle, il sindaco mi ha richiamato all’attenzione facendomi notare i documenti e i protocolli, sono arrivati anche i documenti della CEI e mi sono dovuto arrendere – sorride don Armando -. Poi mi sono dovuto arrendere del tutto perché l’ho preso anche io”.

Il Corona virus colpisce, infatti, il parroco di don Parre. L’aggravarsi della malattia si accompagna alla progressiva presa di coscienza della situazione. “Siamo stati un po’ tutti incoscienti non perché volevamo fare i matti ma perché non si sapeva cosa stava avvenendo. Non accuso nessuno ma dall’alto è mancata una comunicazione chiara, l’abbiamo pagata noi con l’incomprensione e la sensazione di esagerazione. Poi siamo stati ammutoliti e storditi dai fatti”.

La malattia si manifesta con un crescendo di sintomi. “Sono caduto dentro come tanti altri in questa polmonite, manifestata prima con la perdita del gusto e dell’olfatto. Domenica 1 marzo la sera avevo 39 di febbre, è stato così per tutta la settimana successiva, ma si pensava ad una normale influenza, prendevo la tachipirina tre volte al giorno. La settimana seguente sono iniziate le crisi di respirazione notturne. Mi muovevo nel letto per cercare l’ossigeno. L’unica posizione in cui riuscivo a trovare un po’ di sollievo era stare a pancia in giù”.

La situazione si fa così sempre più grave. Siamo nei giorni del picco del virus. “Ho cominciato ad allarmarmi. Il mio medico mi ha obbligato a chiamare la croce rossa. Ho chiamato i soccorsi alle 9 del mattino e l’ambulanza è arrivata alle 14.30. I ragazzi della croce rossa mi hanno consigliato di curarmi in casa se possibile. Mi han detto: ‘Se va in ospedale, Lei non ne esce più’. Già io non avevo voglia di andare, allora ho firmato e mi sono fermato a casa. Il mio medico, che è di Almenno, è arrivato la sera. Si è subito spaventato, voleva richiamare l’ambulanza. I polmoni erano pieni, avevo crisi respiratorie. Abbiamo trovato una bombola di ossigeno in una farmacia di Oltre il Colle”.

La preoccupazione del medico era lampante. “Ha subito buttato via lo strumento con cui mi aveva fatto le misurazioni e mi ha detto: Sei pieno! Sono venuti anche a farmi i raggi a domicilio, i polmoni erano come una ragnatela che partiva dal fondo sino in cima. Erano ridotti malissimo, come un foglio tutto piegato su di sé. Ho pensato: qui non ne esco più”.

Nonostante la contrarietà del suo medico, don Armando affronta la malattia in casa. “Per 3 o 4 giorni lui ha insistito per chiamare l’ambulanza, era quasi una lotta ma io sono testardo e sono riuscito a resistere nel letto. Sono riuscito ad avere l’ossigeno, con alti e bassi: il mio è stato un percorso di grazia, mi sento miracolato”.

E la casa parrocchiale di Parre diventa il centro di gravità di un’esplosione di affetto…

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