(p.b.) Ci sono giorni in cui fatichi a trovare la buona novella che ti consenta di stiracchiare un sorriso. E altri in cui ti torna un sano orgoglio di appartenenza (italiana). Ci sono stati secoli in cui gli artisti (e gli architetti, basta pensare a San Pietroburgo) italiani venivano ingaggiati in tutte le corti d’Europa. Poi nel secolo scorso abbiamo “esportato” solo manodopera, spesso di disperati. Se torniamo a esportare “cervelli” non chiamiamola più “fuga”, stiamo risalendo in qualità sociale. Claudio Ranieri (per i nesci, l’allenatore che ha vinto lo scudetto in Inghilterra) è un signore, educato, definito “normale” (The Normal One” per fare il verso allo “The Special One” di Mourinho). Magari. La normalità è vocabolo che fa riferimento a comportamenti di massa. Noi italiani sappiamo che, non solo nel calcio, la buona educazione, la cortesia, la capacità delle cose semplici e di buon senso, non sono normalità. Sono purtroppo eccezioni. Purtroppo la nostra normalità non è edificante.
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Roma appare sui sette colli che furono imperiali, passeggiamo per la via sacra del Foro e mi metto per qualche minuto nei panni di Orazio: “Ibam forte via sacra…”, passeggiavo un giorno per quella strada lastricata che costeggia i templi e i tempi, dove si incrociavano seccatori “garruli” ma anche personaggi che non sapevano di scrivere la Storia e raccontare storie come quella appunto di uno che vuol essere raccomandato o di quel tipo che ti offre le mele minacciando, se le rifiuti, di darle ai porci, gente cosi che trapassa i secoli e te li ritrovi ancora, villani, strafottenti, menefreghisti, furbetti dell’urbe, arrampicatori, truffatori alla Totò che ti vendono la Fontana di Trevi con le monetine di chi crede alle cabale e anche agli oroscopi e ai liberi mercati che liberi sono solo di nome. Enormi masse di turisti che fanno la coda senza battere ciglio per entrare in Basilica e non credono ci siano alternative, c’è un’attrazione irresistibile per la legge del gregge, seguire la massa, se tutti sono da quella parte dev’essere per forza la retta via o almeno quella più conveniente. E così seguiamo il percorso della Porta Santa senza intoppi, senza coda entriamo in basilica con indulgenza verso di noi e verso la banalità delle scelte del gregge che ha sbagliato strada e sta ancora in coda. Adesso siamo fermi alla pensilina, cerchiamo chi vende i biglietti, un tabaccaio duecento metri più in là cerca di venderceli a 14 euro quando il costo complessivo sarebbe di 4 euro e mezzo. Si torna all’attesa del bus. Passano i minuti, chi va e chi viene e non passa il bus. Finalmente, eccolo. Il numero non è quello ma si sale, andremo dove ci porta il bus, ci facciamo largo per timbrare i biglietti. Gente che sorride, nessuno paga il biglietto a Roma, non c’è scritto sui giornali ma i romani hanno l’esenzione dal ticket e i turisti (quorum nos) lo imparano in fretta. La società pubblica che li gestisce si trova in un deficit pauroso e poi i sindaci chiedono allo Stato un decreto salva-capitale (capitale nei due sensi). Mattia spiega faticosamente con il suo inglese scolastico ma efficace (quarta elementare) a due anziani simpatici turisti inglesi (che abitano in un paesino vicino a Leicester, la città dello scudetto di Ranieri) che “No ticket Rome, Bergamo yes, no Rome”, e quelli sgranano gli occhi e sorridono comprensivi verso i costumi italiani di cui forse sono stati informati fin dalla partenza. Chissà però, visti i “costumi” romani, compresi quelli grotteschi della rievocazione del “Natale di Roma”, se al prossimo referendum sulla permanenza della Gran Bretagna nell’Unione Europea quei due voteranno per rimanerci. Basterà l’impresa di Ranieri con il Leicester per risollevarci agli occhi del mondo anglosassone?
Il bus che abbiamo aspettato a Roma per 37 minuti si ferma in una piazza e appena si aprono le porte a soffietto una signora dal basso insulta l’autista (donna) in romanesco per il ritardo insinuando che quella sia stata in giro a bersi con comodo un caffè. Per tutta risposta l’autista scende dal bus, le passa davanti senza proferire parola e va al bar a… bersi un altro caffè.
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Votassi a Roma metterei una croce sulla speranza che il mondo vada alla rovescia, quindi per il verso giusto e voterei la Raggi che già nel cognome promette una spera di sole che illumina. Lo so, è dei 5 Stelle ma ha detto quello che non si può dire: “Il Comune di Roma direttamente o con le società associate ha 50.000 dipendenti. Dovremmo mangiare sui marciapiedi…”. Su un marciapiede dormono stremati tre giovani, non badando alla pulizia e alla polizia che presidia la capitale. Hanno arrestato dei tipi che stanno dalle nostre parti e progettavano un attentato tra la folla della Porta Santa. Adesso capiamo la legge del gregge che faceva la coda dalla parte sbagliata. Ma se quelli volevano farsi saltare in aria in mezzo alla folla, avrebbero scelto il gregge… Mattia s’innamora dei dipinti di Raffaello, non gli piacciono i quadri di Caravaggio e non serve che gli racconti le storie delle trasgressioni del grande bergamasco. La Cappella Sistina lo sorprende senza entusiasmo, I muscoli michelangioleschi gli ricordano il wrestling.
Siamo la patria degli artisti che hanno abbellito il mondo e vengono da tutto il mondo per godersi i capolavori che abbiamo: il fatto che adesso esportiamo allenatori di qualità (Ancelotti e Mancini hanno vinto in Inghilterra dove allenano ora in Premier, la nostra Serie A, tre italiani, oltre a Ranieri anche Guidolin e tra poco Conte) significa che il mondo è degradato, o è l’arte che si è svilita se alle “corti” europee cercano artisti del calcio invece che scultori, pittori, musicisti e architetti. Non ricordiamo quando sia successo e dove, ma ci siamo persi il senso del bello e del brutto, del buono e del cattivo, insomma ci servirebbe mordere di nuovo il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, a costo di ricadere nel peccato originale.
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Poi si torna a casa e c’è la cronaca locale delle nostre valli, non quelle romane, non quelle inglesi: “non tutti nella capitale nascono i fiori del male”. Già, qualche malefatta senza pretese abbiamo anche noi qui in paese. In attesa che spunti anche dalle nostre parti un uomo “normale” che faccia ecccezione (un ossimoro). E ci strappi un sorriso.