Siamo allo scorso 31 di luglio, qualche settimana dopo un pungente scambio di tweet con il vicesegretario del PD, Andrea Orlando, e un velenoso post di Nicola Zingaretti nel quale il sindaco di Bergamo non viene citato, ma è ben riconoscibile nel passaggio “qualcuno aveva altri obiettivi e continua a picconare dal salotto di casa con i tweet…..”; il sindaco di Bergamo commenta così l’opinione di Goffredo Bettini (il vero consigliere di Zingaretti) sul futuro dell’alleanza PD-5Stelle e sulla imprescindibile leadership di Giuseppe Conte. “C’è un PD che rinuncia: ad essere maggioranza, a rappresentare i riformisti, a governare in prima persona. Vede i 5Stelle come alleati strategici, sceglie Conte come leader e spera che nasca una nuova Margherita. Io dissento: non voglio tornare ai DS”.
Giorgio Gori usa i social in maniera differenziata: Facebook per comunicare con i cittadini bergamaschi le novità amministrative, le scelte di Palazzo Frizzoni; Instagram, raramente, per i momenti di relax; Twitter per commentare la politica romana.
Ed è proprio su Twitter che nelle ultime settimane l’ex manager Mediaset ha cominciato a dettare una sua linea politica. Non tanto contraria all’alleanza con i 5 Stelle, ma al rischio di subalternità rispetto alla figura del Premier.
Così, complice un forum online con Beppe Severgnini, ha dichiarato che considerava inadeguata la capacità di leadership di Nicola Zingaretti, lanciando l’ipotesi congresso e la candidatura di Stefano Bonaccini, recentemente confermato alla guida della Regione Emilia-Romagna.
Il problema è che, tranne qualche singolo caso, le fughe in avanti di Gori trovano sempre un’alzata di scudi romana: dal moderatissimo Dario Franceschini alla sinistra del PD, e che queste uscite spot per ora non gli hanno consentito di crearsi un’area di consenso, quella che una volta si chiamava “corrente di partito”.
A fine 2018, durante la reggenza di Maurizio Martina post-dimissioni di Matteo Renzi, Gori aveva lanciato insieme ad altri sindaci la candidatura di Marco Minniti, già ministro dell’interno con Paolo Gentiloni. Prima del congresso Minniti si sfila e il sindaco partecipa al percorso delle primarie mantenendo un religioso silenzio, anche se qualche sospetto sul suo voto (a favore di Zingaretti) viene, visto che il suo fedelissimo Niccolò Carretta (consigliere regionale) insieme ad altri ex renziani milanesi (Lia Quartapelle e Pietro Bussolati) si schierano apertamente per il governatore del Lazio.
Il primo cittadino spiega che deve concentrarsi sulle amministrative, che vince agilmente contro Giacomo Stucchi, e dopo qualche mese ricomincia una riflessione sul PD, partendo dall’imminente anniversario della morte di Bettino Craxi.
“E adesso diamo a Craxi quel che è di Craxi…
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