“Io una mia idea ce l’ho”, Giordano Tomasoni arriva in redazione con il suo solito sorriso guascone e la sua sedia a rotelle che è diventata il suo trampolino verso una nuova vita, quella che Giordano si è riscostruito dopo il tentato suicidio che gli ha tolto l’uso delle gambe: “Credo sia troppo facile imputare al colpa al covid di questo aumento di suicidi, anche se il covid c’entra ma c’entra perché a livello mediatico si respira una totale assenza di speranza, assenza di ottimismo, troppo catastrofismo. Già dalla Torri gemelle è scattato questo meccanismo, il terrore, la paura, un vortice che ci sta ingoiando e dove chi è più sensibile non riesce a uscirne”. Come ci si accorge che chi ci vive accanto sta pensando al suicidio? La frase comune è ‘chi lo vuole fare davvero non fa trasparire nulla’, è davvero così? “Parlo della mia esperienza, ma credo valga anche per gli altri, un segnale lo diamo, poi però è difficile che venga raccolto. Io ho cominciato a dire che era un periodo difficile, che non mi sentivo bene, ma poi ti senti dire ‘non ti manca niente, hai tutto’, e cominci a trincerarti dentro te stesso, a credere che sei tu quello sbagliato, indossi la famosa maschera per non far trasparire più nulla, in realtà dentro stai vivendo un dramma, e questo dramma dentro cresce sempre di più, ti senti estraneo agli altri, ti senti diverso, senti addosso un’insoddisfazione, una sofferenza che cerchi di togliere in ogni modo, anche togliendoti la vita. Anzi, togliendoti la vita è come se ti togliessi quel chiodo che ti fa star male, una liberazione. La depressione nella nostra cultura non è molto considerata, si preferisce non parlarne e invece l’unico modo per uscirne è parlarne. E io chiedo che vengano istituiti punti di ascolto…
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