Boom di suicidi nelle valli del post Covid, com’è difficile ripartire dalla solitudine

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In questi giorni, in queste settimane, in questi mesi, in redazione è arrivato di tutto e di più, morti per covid, morti per malattia, morti. Troppi morti. Un bollettino di guerra di quelli che lasciano il segno non solo sui necrologi, segni che si infilano e fanno male un po’ dappertutto. Poi il post covid, o almeno quello che sulla carta sembrava il post covid, ma forse è ancora presto per dirlo e scriverlo, comunque nel post covid le frasi fatte sul ‘ripartiremo meglio di prima’ ‘siamo cambiati in meglio’, si sono sprecate e i morti sempre sulla carta, sembravano o dovevano sembrare solo un lontano ricordo. E invece i morti ci sono ancora, non per covid ma per …causa covid. Cosa vuol dire? In queste settimane in redazione arrivano sempre più notizie di gente che si è tolta la vita o ha cercato di farlo. Gente in qualche modo segnata da questo maledetto virus che ora ha infettato pure le anime. Che in una provincia segnata come la nostra potevamo forse anche aspettarcelo ma poi nessuno se lo aspetta davvero, o forse speravamo non fosse così. Le fasce di età più colpite sono quelle medie, 40-50-60 anni ma anche trentenni, sembra invece che gli anziani abbiano una capacità di resistere alla sofferenza maggiore, frutto forse di anni tosti alle spalle. Di suicidi non si parla mai volentieri mentre per altri tipi di morte le paginate sui giornali trovano spazio ovunque. Ma tutti questi segnali di disagio ci hanno fatto riflettere e ci siamo messi a scavare e abbiamo trovato radici di malessere che crescono un po’ ovunque nelle nostre valli martoriate da questo post covid che continua a far male. Nelle scorse settimane un ragazzo, un padre di famiglia di Clusone si è tolto la vita, se ne è andato in un fragoroso silenzio dove il suo sguardo aperto sul mondo rimane come una istantanea che non se ne va più dal cuore di chi lo ha conosciuto e prima di lui era toccato ad altri ragazzi, altri uomini, altre donne dei nostri paesi. Anche loro in un silenzio assordante e fragoroso. Quel silenzio che qui proviamo a raccontare.

LA TESTIMONIANZA

‘La terza faccia della medaglia’. Io, Giordano, che mi sono lanciato da un ponte vi racconto il panico post covid

Prendi una moneta, lanciala in aria e se esce testa il calcio d’inizio spetta alla tua squadra, per il campo è raro vedere lo spostamento di tutti i giocatori.

Ora spazio al fiato, alle giocate e un poco anche alla fortuna, perché la vita è anche questione di culo, è vero il calcio forse è lo sport più bello del mondo ma è pur sempre un gioco, mentre la vita be quella è un’altra cosa.

Covid, dall’inizio dell’anno questo termine di cui la stragrande maggioranza delle persone ne ignorava l’esistenza è diventato un compagno di viaggio, un incubo, un problema economico, un nemico pubblico, un’ossessione e per altri purtroppo la fine del mondo, nel senso meno metaforico.

L’ordine cronologico è più o meno così: arrivano i primi contagi, poi i primi morti, ma, magari è una cosa passeggera. I contagi aumentano, i morti pure, la cura non esiste, gli ospedali iniziano a riempirsi, chiudono le scuole, le zone rosse invocate e non volute o viceversa, segnano lo spartiacque di quello che non sapremo, sarebbe potuto non accadere. La bergamasca si trasforma in un girone dantesco e Caronte il traghettatore di anime non avrà più una pausa.

Il sistema immunitario è un groviglio di risposte che il corpo elabora in situazioni di pericolo, ogni persona ne ha uno, sensibile ai cambiamenti, alle situazioni, allo stress, condizionato anche dai pensieri e dalle preoccupazioni, ci sta il detto “men sana in corpore sano”. ..

SUL NUMERO IN EDICOLA DA VENERDI’ 28 AGOSTO

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