Avviato già prima della pandemia, il fenomeno della fuga di infermieri dalle RSA verso ospedali pubblici e convenzionati ha registrato una brusca e pericolosa accelerazione con l’acuirsi dell’emergenza sanitaria: così nelle strutture socio-assistenziali (RSA) del territorio di Bergamo si registra “una difficoltà crescente a garantire i livelli minimi di assistenza, oltre che la copertura dei turni di lavoro, costringendo questi professionisti a un carico insostenibile”. È la denuncia di Roberto Rossi e Giuliana Rota della FP-CGIL di Bergamo che segnalano, tra gli altri, un caso su tutti: alla Fondazione Carisma di via Gleno su 100 infermieri, si sono trasferiti già in 50.
Il sindacato, attraverso un confronto costante con le strutture, sta cercando di mettere in campo strategie per far fronte a questa crescente difficoltà: “Neppure gli incentivi economici stanziati dalle case di riposo per trattenere il personale infermieristico sembrano bastare per contenere questo fenomeno” proseguono i sindacalisti. “Qualche RSA non risulta neppure in grado di poter mettere sul piatto risorse adeguate aggiuntive perché i posti letti vuoti da marzo ad oggi hanno avuto un grave impatto economico”.
Il decreto legge 34/2020, varato per far fronte alla situazione pandemica, dava alle aziende del Servizio sanitario nazionale la possibilità di reclutare personale tramite incarichi di lavoro autonomo per l’anno 2020 e a tempo indeterminato per il 2021. “L’obiettivo, condivisibile, è quello di strutturare su tutto il territorio nazionale la figura dell’infermiere di famiglia e di comunità, figura finora relegata a progetti sperimentali ma che ora si concretizza, aumentando in modo significativo il fabbisogno di infermieri”, proseguono Rossi e Rota. “Il problema è che restano completamente sguarnite le case di riposo e, tra l’altro, negli ospedali il problema della carenza non è risolto”.
Contestualmente si assiste anche a una migrazione di personale infermieristico da strutture della sanità privata verso il settore pubblico: “La delibera regionale 3702 del 21 ottobre scorso dà mandato alle aziende HUB di persistere nel reperimento delle professionalità necessarie e questo non farà altro che accentuare ulteriormente lo stillicidio di professionisti sanitari nel settore privato”.
Per i due sindacalisti la pandemia in atto “non è la prima causa del problema, ne è solo un catalizzatore. Da diversi anni denunciamo la carenza di proficua integrazione tra i bisogni del sistema sanitario e socio sanitario nazionale e il sistema della formazione universitaria che non riesce a provvedere alla formazione di un numero sufficiente di professionisti sanitari”.