Zio Virginio, la tua presenza resta, solida e discreta come la sagoma dei nostri monti che tanto amavi e che possono raccontare molto di te.
Il profilo delle creste dell’Alben ci parla del tuo amore e della tua dedizione alla tua cara Ida e dell’affetto per i tuoi familiari, i tuoi nipoti e i loro figli, un affetto sempre benevolo e generoso, via via intenerito dagli anni.
Un po’ più in là, la cima dell’Arera evoca le innumerevoli ascese che, sin da giovane, hai affrontato con la tenacia e la forza che ti contraddistinguevano e che ti erano valse il soprannome di “Bonatti”. Alcune di quelle ascese le hai poi ripetute facendo da guida a noi, “nipoti putativi”, ai quali, in prossimità della vetta, cedevi il passo per lasciarci l’onore della conquista: un gesto di attenzione e fiducia che rivelava la tua capacità di entrare in sintonia con noi ragazzi, di guadagnarti la nostra stima e il nostro affetto attraverso l’autorevolezza del tuo esempio. Il commosso omaggio che ti è stato reso da un’intera generazione, quella della “Palestra del Gaen”, è la testimonianza di quanto fossi benvoluto dall’intera comunità nossese.
Scendendo a quote più basse, i pascoli di Belloro o, sul versante “Parèsco” (come dicevi tu)…
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