Francesca Berta di 80 anni, nata a Sovere e prima di sei fratelli, la famiglia ha sempre posseduto un’attività commerciale in paese, si trattava di un negozio di merceria e abbigliamento in cui si vendevano prodotti al dettaglio. Franca (come è chiamata da parenti e amici), ha portato avanti l’attività di famiglia per 41 anni; iniziò all’età di 11 anni quando il padre, dopo che ebbe frequentato la “sesta”, le chiese di dargli un supporto nella gestione del negozio.
Un tempo le donne di Sovere, specialmente durante il secondo dopo guerra, erano solite confezionar a mano gli abiti per i componenti della propria famiglia, e si rifornivano da loro per acquistare tessuti, cotone e la pregiata lana “Marzotto” che proveniva dal Piemonte, precisamente da Biella.
In aggiunta all’onorata carriera, Franca ha da sempre coltivato anche la passione per la cucina, e durante il Focus Group ci ha descritto le principali ricette che si cucinano e che si gustano a Sovere, riportiamo di seguito le principali.
Maàha – nota anche come “la Massa”,
La ricetta di questo dolce ha origini antichissime, già più conosciuta a livello popolare rispetto alla precedente, si tratta di una classica torta che si fa in autunno per lo più durante i mesi di Settembre ed Ottobre in quanto tra gli ingredienti sono compresi uva fragolina, pere “lunghe” verdi e noci.
Ingredienti:
– 500 gr farina bianca
– 250 gr zucchero
– 50 gr lievito di birra fresco
– 1 bicchiere di olio
– ¼ di latte
– 1 uovo
– un pizzico di sale
– 4 Pere verdi lunghe tagliate a cubetti
– 2 grappoli di uva americana, sgranata e lavata
– una manciata di noci spezzettate
Procedimento:
sciogliere il lievito di birra nel latte tiepido, in una terrina capiente mescolare la farina, lo zucchero, il sale, l’uovo, il lievito e l’olio, per ultimo aggiungere la frutta; versare l’impasto in una pirofila e lasciare a lievitare nel forno tiepido a 50° per un’ora e mezza, cuocere in forno caldo a 180° per un’ora in quanto essendoci la frutta deve aver tempo di evaporare l’acqua contenuta in questa.
E poi c’è la Schisada – dolce tipico che si consuma in occasione della festa del Santuario della Madonna della Torre di Sovere (ricorrenza che si celebra dal ‘500 la prima domenica di Maggio).
La mamma di Franca, quando lei e i suoi fratelli erano piccoli, durante la festa del Santuario impastava un numero elevato di Schisade tale da riempire un’intera cesta alta utilizzata per il pane; una volta lievitate le mandava al forno dove c’erano le prenotazioni per poterle far cuocere. Il nome di questo dolce richiama propriamente la forma che si soleva darle, infatti tipicamente erano tonde e avevano una croce posta nel mezzo.
Torta di sangue – “la Turta del Porhèl”
Era tradizione preparare questa torta salata nel periodo in cui si macellava il maiale; notoriamente del maiale si suole dire che “non si butta via niente”, e infatti il sangue veniva utilizzato in questa ricetta.
Ingredienti:
– 2 bicchieri di sangue e grasso di maiale
– 1l latte
– 80 gr burro
– poco olio
– 2 etti di pane grattugiato
– 2 etti di formaggio grattugiato
– cipolla tritata
– mezzo cucchiaino di spezie
– 1 uovo
– 1 cucchiaino di sale
– succo di limone e scorza grattugiata
Procedimento:
Preparare impasto mischiando pane, formaggio, sale e spezie; unire il latte, il sangue, il succo e la scorza del limone, preparare un soffritto con burro olio e grasso tagliato sottile, unire la cipolla tritata grossolanamente e, quando il tutto sarà dorato, unire l’impasto preparato precedentemente e cuocere fino a che il composto diventa maron. Spegnere il gas e cospargere la torta con il formaggio grattugiato e i fiocchetti di burro, metter in forno e cuocere fino a quando si forma la crosticina. Franca ci racconta che è solita preparare la torta di sangue una volta all’anno e in quell’occasione invita figli per mangiarla tutti insieme in quanto ne vanno molto ghiotti.
Franca ci racconta che all’interno del testo pubblicato dal Gruppo di Ricerca Storica Agorà, dal titolo “Sovere nel secolo breve”, viene raccontata anche un episodio legato ai suoi genitori: Rocco Berta e Giuseppina Manna.
Durante la Seconda Guerra Mondiale dal 1939 al 1943 i genitori di Franca ospitarono a casa loro una donna ebrea tedesca di nome Francesca. Per un periodo la donna aveva alloggiato al Cappello (l’unica locanda esistente a Sovere), ma poi preferì prendere in affitto una stanza in una casa privata; Fraülein Francesca (come era solita chiamarla la madre di Franca), era fidanzata con un medico americano che periodicamente le inviava soldi e dischi su cui però non erano incisi brani musicali ma la voce del medico che leggeva lettere alla sua fidanzata (era un metodo più sicuro per sfuggire la censura). La giovane donna rimase a Sovere il tempo necessario per ottenere i permessi e i visti obbligatori per raggiungere il fidanzato in America…
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