LEFFE – Il ricordo di Don Abele Cominelli, coadiutore dell’Oratorio, morto di tifo 75 anni fa a soli 26 anni. Era chiamato ‘l’Angelo dei giovani e degli ammalati’ e i Leffesi lo consideravano un Santo

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Il 28 marzo, festività liturgica delle Palme, ricorreva il 75esimo anniversario della morte di don Abele Cominelli, che è stato ricordato durante la Messa delle 10,30 nella parrocchiale di S. Michele  dal parroco don Giuseppe Merlini. Don Abele,  originario di Cerete Alto, classe 1920, a soli 26 anni era stato colpito e ucciso dal tifo che allora imperversava e da allora  riposa nella piccola chiesa del Cimitero. Era stato per  quasi 3 anni, proprio all’inizio del suo magistero pastorale, coadiutore del locale Oratorio.

La sua vita è descritta in un libro di don Giorgio Longo, mail suo ricordo viene tramandato anche dai ricordi di chi ne ha sentito parlare dai nonni.  Come Bruna Gelmi quand’era  ancora bambina:

“Nella casa della mia nonna paterna Anna – racconta – si ricordava spesso don Abele come un santo:  veniva chiamato ‘l’Angelo della gioventù’, che sapeva affascinare anche con la musica e con l’arte, che amava molto.  Appena ordinato sacerdote, il Vescovo Adriano Bernareggi lo aveva mandato a Leffe come coadiutore del curato, per fare in modo che la gioventù locale avesse un degno supporto e si desse il via ad un nuovo oratorio.

Allora era adibito ad oratorio l’immobile che noi Leffesi chiamiamo ‘palazzo delle ACLI’, che ancora oggi sorge vicino al Cinema Centrale. Lo spazio per i giochi dei ragazzi era molto ristretto, era il cortile di questo immobile, cortile nemmeno tanto grande, dove però i ragazzi giocavano lo stesso a calcio, sport di cui anche don Abele era appassionato.

Il parroco di allora, don  Marcello Colombi, che rimase a Leffe dal 1922 al 1946, aveva pensato di costruire il nuovo oratorio nel brolo della casa parrocchiale. A quei tempi il brolo era molto più grande di quello attuale, praticamente il doppio. I fabbricieri poi, per motivi economici, ne cedettero buona parte a privati cittadini che vi costruirono alcune case.

Don Marcello, probabilmente per l’onerosità dell’impresa, non si decideva a dare il via ai lavori, ed ecco che allora il vescovo mandò Don Abele per dare impulso alla cosa.

Don Abele, probabilmente consigliato anche da altre persone, scelse dunque di costruire l’oratorio vicino alla Chiesa di San Martino che, a quei tempi, era considerata lontana dal centro del paese, e convinse anche il parroco a condividere la sua idea, per cui si cominciò a costruire anche la casa del sacerdote vicino alla chiesa di S. Martino…

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