Silvia Brasi è in ufficio. Lunedì mattina. Tutti al lavoro. A creare. Produrre. Esportare. 750 dipendenti, presente in 70 paesi del mondo, 17 filiali nel mondo. Fondata nel 1956. Numeri da primato. Numeri che fanno la differenza. San Lorenzo di Rovetta che sembrebbe una piccola frazione marginale e invece è il cuore dell’economica seriana, ma scrivere ‘seriana’ è riduttivo.
Un salto nel tempo, indietro, 1956, quando Silvia non era ancora nata ma che Silvia conosce bene, perché la storia dell’azienda è bene impressa nella sua testa e nel suo cuore: “In quel momento papà non era ancora in Comelit, è entrato qualche anno dopo, io sono nata anni dopo ma ho assistito direttamente alla trasformazione di un’azienda locale in una multinazionale, quello che siamo adesso”.
Silvia racconta: “La Comelit nasce con un gruppo di persone che ci hanno messo passione, impegno e preparazione. Famiglie storiche del territorio che in questo territorio hanno sempre creduto, mio padre Pierantonio Brasi, Giovanni Lazzari che è rimasto presidente sino a un paio di anni fa, Giovanni Barzasi, papà del nostro amministratore delegato e poi Mino Brasi, fratello di mio padre e papà di Fabio, anche lui membro del cda Comelit”.
Quattro famiglie che ancora controllano l’azienda e l’inserimento con successo, non poi cosi scontato, della seconda generazione. Come è nata l’idea di produrre citofoni?
“All’inizio componevano radio transistor, in quel periodo nascevano aziende che producevano per conto terzi, si era capito che produrre prodotti per conto terzi funzionava e noi abbiamo iniziato a produrre apparecchi interfonici per chiamare da un ufficio all’altro, tutto questo ha dato origine ai citofoni e poi successivamente ai videocitofoni. Negli ultimi 10 anni ci siamo allargati con altri prodotti di domotica, antincendio, fumi, prodotti di allarme, ecc. I nostri prodotti si sono evoluti col tempo e siamo diventati sempre più competitivi e internazionali”.
La tecnologia fa passi da gigante, soprattutto in Giappone, avere una qualità come questa a San Lorenzo, frazione di Rovetta, fa un certo effetto. Siete un’anomalia, ma non siete nemmeno un prodotto di nicchia visto che esportate in 70 paesi, avete 17 filiali e 750 dipendenti:
“Sì, crediamo nella tecnologia ma anche nel territorio da dove veniamo e dove viviamo. In Italia abbiamo 300 dipendenti, qui a San Lorenzo 150. Guardiamo avanti. Sempre. In Italia e all’estero la tecnologia non si ferma, il boom economico degli anni ’60 era un boom a livello industriale, non tecnologico, noi abbiamo puntato tanto sulla tecnologia, i giapponesi sono forti ma perché non dobbiamo esserlo anche noi? Bisogna investire sul talento, sulla capacità, sulla creatività. Abbiamo quindi sempre cercato di innovare e rinnovare i nostri prodotti per rimanere competitivi e fornire sempre qualche cosa di più. Per questo la ricerca è sempre all’avanguardia nei nostri prodotti e attualmente siamo gli unici ad avere una App che permette di gestire tutto con un unico terminale”.
Silvia quando racconta della App si illumina, perché amare il proprio lavoro è anche questo: “Alla metà degli anni 80 abbiamo cominciato a concentrarci sul valore aggiunto, si produce e si vende la produzione delle forniture prodotte da altri, bisogna anche saper essere camaleonti, muoversi cercando di anticipare le tendenze e i bisogni. Abbiamo gente in gamba nel nostro organico, qualche tempo fa ci siamo trovati di fronte a dover scegliere se rimanere a San Lorenzo o andare a Bergamo, qui non è comodo logisticamente ma alla fine siamo rimasti. A Bergamo abbiamo un centro ricerche, abbiamo un gruppo di 70 ingegneri che lavora sulla ricerca e sullo sviluppo internazionale”.
Un centro di ricerca a Rovetta, uno a Bergamo, uno in Francia: “Quello molto più piccolo, per un prodotto tipicamente francese, di nicchia, poi un centro di ricerca in Bulgaria. Lì abbiamo acquisito una società bulgara e poi filiali in tutto il mondo”.
Solitamente un’azienda diventa così grossa quando si stacca dalle logiche di conduzione famigliare, in realtà voi siete rimasti gli stessi e per una volta i figli sono stati non solo all’altezza dei padri ma sono andati oltre:
“La passione vuole dire tanto. Mio padre è stato affiancato per anni da un direttore generale, abbiamo tanti manager, ragazzi in gamba, siamo una multinazionale tascabile, ci mettiamo tanta passione, abbiamo con noi persone in gamba, senza quelle non riusciremmo ad emergere nell’agguerrito panorama mondiale”.
Le grandi aziende dopo un primo lancio cercano di spostarsi in realtà logisticamente più prestigiose, Milano o grandi città, voi restate qui, io San Lorenzo lo identifico ancora con la sua piccola strada bianca, il paese attorno, voi qui date lavoro a 150 persone, una boccata di ossigeno per il territorio: “Siamo rimasti qui, il cuore è rimasto qui, noi crediamo in questo territorio, l’azienda deve essere una risorsa non solo per chi la possiede ma anche per chi vive il territorio. Qui vengono amministratori di aziende da tutto il mondo a vedere i nostri prodotti e questa è occasione anche per far lavorare i nostri ristoranti, bar e tutto l’indotto. E quindi abbiamo deciso di rimanere qui, abbiamo potenziato in maniera importante la nostra filiale di Bergamo dove lavorano un’ottantina di persone, insomma abbiamo trovato il giusto mix”.
Non avete mai avuto offerte da multinazionali per acquisirvi? “Tante volte, però pensiamo che come Comelit possiamo ancora dire la nostra per anni, sentiamo di poter fare la differenza, di camminare con le nostre gambe, ringraziamo ma non ci interessa. Ogni anno cresciamo anche come fatturato e questo è il nostro segnale migliore”.
I vostri genitori sul territorio si sono impegnati anche politicamente, penso a Gianni Lazzari e all’asilo di Clusone, penso a molte altre cose, voi figli invece?
“Noi siamo in azienda e abbiamo messo tutto il nostro tempo nell’azienda e nelle famiglie, veniamo da una generazione decisamente meno innamorata della politica”…
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