SOVERE – Quarant’anni fa la bomba d’acqua sul Borlezza

0
1801

1981-2021. Quarant’anni fa. Era luglio. Un luglio caldo e anomalo. Quarant’anni anni dopo la più grande alluvione mai vista a Sovere. Era il 3 luglio. Un giorno che rimane scritto nella storia soverese come uno dei più bui, nonostante la luce di quella strana estate. Quel giorno il Borlezza straripò, ruppe gli argini e trascinò con sé tutto, compreso un intero stabilimento, uno dei più importanti e avviati della zona.

Solo per un colpo di fortuna non ci furono vittime. Gli operai fecero appena in tempo a scappare. Nessun preavviso. Una bomba d’acqua di quelle impossibili da prevedere. Un temporale improvviso e talmente violento da rompere gli argini del Borlezza e portare il livello del fiume proprio appena sotto l’antico ponte che unisce il paese. Ponte che tremava per la potenza dell’acqua.

Eppure era stata una giornata tranquilla, cielo sereno, almeno fino a sera, la fabbrica distrutta è quella conosciuta da tutti come Acciaierie Michetti, giusto alla fine dell’imbocco del fiume, a pochi metri dal famoso ponte che tremò, in pieno centro del paese, lì, l’acciaieria attingeva energia proprio dal fiume.

Un’azienda, storia di famiglia: quella sera i figli dei proprietari, dopo una giornata in fabbrica, avevano deciso di andare al concerto di Edoardo Bennato a Darfo, quindi non c’era nessun presagio di nubifragi in arrivo. Quando arrivano a Darfo, scoppia il finimondo, nubi nere si addensano all’orizzonte e comincia un violentissimo temporale, tanto che l’altoparlante che fa risuonare la voce e le note di Bennato viene travolto dalla tempesta e il concerto viene sospeso.

I due fratelli fanno subito ritorno a casa, la casa si trova proprio sopra le acciaierie, ma a mano a mano che si avvicinano a Sovere capiscono che c’è qualcosa di grave che non va. In Poltragno il traffico era deviato perché il ponte di Sovere tremava per la portata d’acqua del fiume ed era tutto bloccato.

I due fratelli cercano un’altra strada per tornare a casa in fretta, le acciaierie sono lì in mezzo, non c’è tempo da perdere e dentro la fabbrica ci sono gli operai del turno dalle due alle dieci della sera. I due fratelli Michetti riescono a raggiungere le acciaierie passando da un’altra strada, un sentiero, quello del convento dei frati, che è collocato sopra le acciaierie. Quando arrivano scoprono che proprio attraverso quel passaggio secondario si sono salvati gli operai e i genitori dei due fratelli, i proprietari della ditta.

Una ditta storica, fondata da Luigi Michetti nel 1919, che realizzò un forno per fondere l’acciaio rapido, una scoperta che venne brevettata: era riuscito a costruire un macchinario per realizzare acciai rapidi e super rapidi, un processo altamente innovativo per quei tempi che permise di fare la differenza e di contribuire a espandere rapidamente l’azienda. Una zona strategica per le acciaierie Michetti, che si installarono proprio dove c’è il fiume Borlezza perché all’inizio erano autoproduttori di energia elettrica, con due centrali di 200 kwatt complessivi. Azienda che era arrivata ad avere sino a 100 dipendenti.

Nel 1981, quando successe il disastro, gli operai erano 25.

Furono tre gli eventi alluvionali: il primo, quello della sera del 3 luglio che distrusse l’acciaieria, il 9 luglio ce ne fu un altro in tono minore, e un altro invece molto grosso capitò il 18 luglio.

La prima alluvione, quella del tre luglio, fu rapidissima e violentissima, la portata d’acqua passò in poco tempo da 5 metri cubi al secondo, portata media di quel periodo, a quasi 400 metri cubi al secondo, si parla di una velocità di 8 metri al secondo, che contribuì ad allagare completamente uffici e l’intera fabbrica.

Poco distante c’era un’altra grande industria, il cosiddetto Filatoio, e il piano terra fu completamente allagato con macchinari di tonnellate di peso che galleggiavano lungo il fiume trascinati via dalla violenza dell’acqua.

Nella terza alluvione, quella del 18 luglio, venne distrutto il canale 1, che era l’ultimo argine che proteggeva la casa dove abitavano i Michetti. Quella sera testimoni raccontano di avere sentito un fortissimo boato, pensavano tutti fossero crollate l’acciaieria e la casa, invece era la rottura dell’ultimo argine che trascinò via tutto, e distrusse un capannone dismesso dall’altra parte del fiume.

Nessuno è riuscito a dare una risposta precisa sul perché fosse avvenuta un’alluvione di quelle proporzioni in poche ore, gli esperti allora parlarono di evento secolare ma con gli anni il clima si è tropicalizzato e alcuni sostengono che eventi così potrebbero capitare anche molto prima di un secolo. ..

SUL NUMERO IN EDICOLA DA VENERDI’ 6 AGOSTO

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui