BERGAMO – LA STORIA – Papà Antonio racconta Giulia: “Quel giorno al mare, il cancro, la lotta che trasforma tutto in meraviglia, la fatica, il dono, la rabbia. La morte o la partenza per il cielo e ora…” E intanto la Chiesa di Bergamo ha avviato per lei il processo di beatificazione

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Da dieci anni l’abbraccio che unisce Giulia ai suoi genitori ha il sapore del cielo e il colore dell’infinito. Un filo che li unisce e non si è mai spezzato. Giulia Gabrieli è partita per il cielo dieci anni fa, quando aveva 14 anni, dopo due anni di lotta contro un sarcoma. Una malattia che lei ha saputo trasformare in un inno alla vita e alla fede. Che il dolore non è stato cancellato ma trasformato in una luce con cui Giulia ha coinvolto e travolto tutti quelli che le stavano vicino. E ancora adesso tutti quelli che stanno incontrando la sua testimonianza.

La Chiesa di Bergamo ha avviato per lei il processo di beatificazione: Giulia è già stata riconosciuta Serva di Dio, il prossimo 12 settembre si chiude la fase diocesana del processo, che continua a Roma, nella speranza di veder riconosciuto il titolo di Venerabile (per le virtù eroiche) e poi di beata (per un miracolo) e santa (per due miracoli). E nel frattempo i sogni che Giulia aveva stanno prendendo forma grazie alle attività della onlus Con Giulia.

Antonio e Sara, papà e mamma di Giulia, e con loro il fratello Davide, continuano a sentire la presenza viva di Giulia al loro fianco. “Uno dei tratti più belli del suo vissuto è la continuità della sua presenza – esordisce papà Antonio -. Non c’è stata nessuna interruzione con la sua partenza per il cielo. È cambiato l’aspetto fisico, ma noi ci sentiamo tutti i giorni abbracciati da Giulia. Portare avanti i suoi progetti e i suoi sogni è stato sin da subito qualcosa di naturale, un segno della continuità del rapporto con Giulia”.

Quando Giulia aveva 12 anni, durante una vacanza al mare, ha fatto la sua comparsa la malattia che l’ha costretta a due anni di ospedale. Un calvario che Giulia ha vissuto sin da subito con una serenità miracolosa. E così la sua famiglia. “Purtroppo, nella vita nulla è scontato e facile. È ovvio che non ti aspetteresti mai di vivere situazioni di sofferenza e malattia, soprattutto quando riguardano i tuoi figli – racconta Antonio -. Quando arriva quel momento, sono tante le possibili reazioni. Noi l’abbiamo vissuto bene grazie soprattutto a Giulia: non si dice per dire, è la realtà. Lei ci ha preso per mano e ci ha indicato quale era la strada e come doveva essere fatto il cammino. Noi abbiamo accettato la malattia, lei l’ha accolta. Ha avuto modo di viverla appieno, non si è nascosta né rifugiata, ha vissuto la sua quotidianità in modo tranquillo e sereno, senza dare peso a quello che viveva fisicamente. Questo suo atteggiamento è stato di grande aiuto per tutti quanti noi”.

È stato così per papà e mamma. Ma non solo. “Noi siamo adulti, puoi ragionare e vivere determinate situazioni, ma io guardo molto a Davide, il nostro secondo figlio, che ai tempi aveva sette anni: era un bambino ma ha sempre vissuto con serenità. Un bambino vive molto di riflesso, rispecchiando gli atteggiamenti degli altri: è stata Giulia che ha trasmesso la sua serenità in primis proprio al fratello, di cinque anni più piccolo. Hanno sempre avuto un rapporto molto bello e intenso. A volte tra fratelli c’è invidia, invece tra loro assolutamente no: c’era una grandissima sintonia, Giulia era un po’ la mammina di Davide”. Un dono che Giulia per prima ha accolto, lasciando tutti a bocca aperta. Antonio ne parla con una voce ancora densa di emozione e commozione. Quella di chi sa di aver avuto vicino un prodigio. “È stato un dono che viene dall’alto, generato dal rapporto che lei aveva con il Signore. E in particolare Giulia aveva una fede spiccatamente mariana”.

Dopo la fatica della malattia, il 19 agosto del 2011 i genitori hanno dovuto affrontare la morte di Giulia. “Si è trattato di un percorso che sapevamo come sarebbe andato a finire. L’evoluzione della malattia purtroppo per Giulia non è mai stato positiva. Il primo anno, a chiusura del primo ciclo di cure, il male sembrava in regressione: abbiamo vissuto una bellissima estate, un po’ normale anche per lei, anche se ogni settimana aveva comunque un ciclo di chemio terapie. Dal mare rientravamo in ospedale e poi tornavamo in vacanza, ma tutto sommato è stata un’estate con tratti tranquilli. Sapevamo quale sarebbe stato l’epilogo della malattia, le sue condizioni sono state sempre in peggioramento. Anche la sua partenza per il cielo è stata vissuta con grande serenità: lei ci aveva preparato, aveva indicato il momento, come ha scritto anche nel suo libro (Un gancio in mezzo al cielo – ndr): nel capitolo ‘A piedi nudi in paradiso’ racconta di come voleva essere vestita. Sembra un paradosso ma anche per noi è stato molto sereno”…

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