Oggi è il giorno di Santa Lucia, qui di magie e di doni sembrano essercene pochi anche se poi butti lo sguardo in quello di Fra Riccardo e la magia la senti dentro. Undici del mattino e alla mensa dei poveri si sta preparando il pranzo, fra poco arriverà gente, tanta gente, circa 120 persone. Qualcuno è già arrivato. Massimo, 44 anni di Ponteranica, bergamasco doc, è qui ad aspettare il suo pasto caldo quotidiano, di voglia di parlare sembra averne poco ma poi comincia a raccontarsi: “Fino allo scorso anno lavoravo in un ristorante, lavapiatti, poi con il covid sono stato fermo un anno, a settembre il ristorante mi ha richiamato perché erano soddisfatti di me, mi hanno fatto un contratto di lavoro a tempo determinato, il 28 novembre ero di riposo, si lavorava anche sabato e domenica e il riposo era un giorno a settimana, quel giorno al ristorante sono arrivati i Nas, hanno trovato un lavapiatti senza regolare contratto, i proprietari o mettevano in regola il ragazzo o si sarebbero trovati nei guai, a me scadeva il contratto tre giorni dopo e così mi sono trovato a piedi, senza lavoro”. Una famiglia non ce l’hai? “Quando lavoravo a Milano ho conosciuto una ragazza, mi sono innamorato, ma lei aveva problemi di tossicodipendenza, li ho avuti anche io, ma da 16 anni sono pulito, i miei però non volevano questa storia, mi hanno cacciato di casa, io e lei abbiamo avuto un bimbo, che ha compiuto due anni a novembre. Poi io e lei abbiamo avuto problemi, ci siamo lasciati e ho perso tutto. Quando è nato il bimbo mi hanno chiamato dall’ospedale, la mamma della mia compagna, mi ha chiesto di riconoscerlo che dovevo passargli gli alimenti, ho cercato un avvocato che mi ha sconsigliato di farlo, ero disoccupato, non avevo soldi e così ho perso anche il bimbo. La mia compagna è in una comunità per recupero tossicodipendenti e alla fine mio figlio è stato dato in adozione, non lo vedrò più”-. Massimo si ferma qualche secondo, la voce trema: “E io vivo in strada, dormo per terra in un parcheggio a Bergamo. A mio figlio penso tutti i giorni, ma non lo vedrò più. Non ho un posto dove stare, non ho una dimora, sono un invisibile, non esisto”. Già, Massimo sulla carta non esiste: “Lavoro da quando ho 14 anni, però io non ho diritti, non ho niente. Al dormitorio della Caritas ci sono 60 posti ma 54 sono stranieri, pochi italiani, tanti sono ubriachi e io non mi sento sicuro, preferisco starmene solo in un parcheggio”. La tua giornata tipo: “Mi alzo alle 6, vado alla Caritas e mi metto in fila per la doccia, mi lavo e sistemo, poi vengo qui dal frate a mangiare un pasto caldo, tiro del due del pomeriggio e vado al Galgario, il posto Caritas dove si può stare qualche ora al caldo, a guardare la tv, caricare il telefono, stare con qualcuno. Alle 17 torno in strada, giro un po’, magari riesco ad andare a Orio Center a scaldarmi un paio d’ore e poi vado al parcheggio a dormire. C’è la mensa in stazione la sera ma sono tanti ubriachi e ho paura, mi faccio bastare un pasto al giorno”. Non hai pensato di tornare a casa? Hai ancora i genitori? “Sì ma hanno 81 anni, sono malati e non voglio che sappiano in che condizioni sono, starebbero troppo male, quando li sento sono sempre preoccupati che io non ce la faccia ma gli ho detto che ho un lavoro, che ho una stanza a Bergamo e che pago l’affitto con il lavoro, non voglio farli soffrire…
SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 17 DICEMBRE