Ai ragazzi d’antan raccontavano la storia di Fabrizio Maramaldo, capitano di ventura e comandante delle truppe imperiali che assediavano Firenze, che, dopo la battaglia di Gavinana (1530) fece condurre in piazza Francesco Ferrucci, già ferito, e lo fece trucidare. E la storia racconta delle ultime parole del comandante fiorentino: “Vile, tu uccidi un uomo morto”. Questo aneddoto è stato tramandato per secoli agli studenti come esempio di comportamento aberrante al punto che l’appellativo di “maramaldo” è diventato sinonimo di vigliaccheria e arroganza verso i più deboli e indifesi.
Le scritte (poi fatte cancellare) sui muri del cimitero di Nembro sono appunto una “maramaldata”, anche per l’anonimato di chi le ha scritte. Dubito che gli autori di questa infamia gratuita verso una comunità, colpita a morte in questi ultimi due anni e in particolare nella primavera del 2020, abbiano mai letto qualche pagina di storia.
Proprio a Nembro. Nel cuore della strage. Lì dove il Covid ha seminato morte come da nessuna altra parte. Lì dove la prima ondata dell’epidemia ha ferito e travolto la comunità. Che ha reagito con il coraggio di ripartire ma anche con la determinazione di custodire la memoria della propria gente portata via dal virus.
E poi quelle scritte proprio nel luogo per eccellenza della memoria, adesso irrisa e insultata, il cimitero, nella notte fra mercoledì 5 e giovedì 6 gennaio. Muri imbrattati da No Vax. “I Vax uccidono”, “Il governo mente e lo sa”, “Vivi perché liberi”, “Governo nazista”, “Morti da vaz” sono state alcune delle scritte apparse sul perimetro esterno del camposanto.
Che si aggiungono alle parole gratuite e vergognose dette da Carlo Freccero che ha fatto intendere che i morti di Bergamo fossero un’invenzione. Così come quelli che hanno messo in dubbio che quel convoglio di camion militari carichi di bare fosse una montatura e un montaggio di immagini.
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