(M.B.) Ricordare significa mettersi in contatto con qualcosa che non c’è più, e farlo rivivere. È l’estremo baluardo di esistenza – o di resistenza – del passato, l’unico mezzo attraverso il quale esso continua ad esistere. Ma ricordare ha i suoi grandi limiti. A chi non è mai capitato di essere convinto di qualcosa, ma di scoprire, alla prova dei fatti – magari parlando con altri, magari semplicemente rendendosene conto – di aver sbagliato?
Tutti lo sanno: esistono molteplici e diverse narrazioni di uno stesso fatto, ogni narrazione è influenzata dal pensiero di chi la narra, ogni testimonianza non potrà mai essere del tutto oggettiva.
E allora cosa significa “ricordarsi di qualcosa”? Come è possibile affidare tutta la ricchezza della nostra esistenza a un mezzo di cui non potremo mai essere totalmente sicuri?
La soluzione al rischio di un’“amnesia collettiva” – credo – può trovarsi nel suo contrario, in una “memoria collettiva”. Se un gruppo vasto di persone condivide il proprio ricordo, si impegna per trasmetterlo ai figli, lo tiene attivo, ecco, allora forse non sopraggiungerà l’oblio, il ricordo potrà vivere. Vivrà perché supportato da testimonianze scritte e orali, vivrà nei racconti dei testimoni diretti e nelle impressioni dei testimoni indiretti, vivrà nella coscienza dei singoli e della nazione.
La Giornata della Memoria ha questo scopo: far sì che la memoria non muoia. O che, anche laddove non muoia, non venga modificata, non circoli sotto forma di racconto mitico e lontano, ma come fatto storico reale, dotato di una certa oggettività, da salvare dal trascorrere degli anni. Perché le cose accadono davvero, hanno le loro cause e le loro conseguenze. Cause e conseguenze reali e concrete, che possono sempre verificarsi di nuovo. Ricordare significa stare attenti e pronti, riconoscere ciò che è già stato, comprendere e reagire.
Far sì che memoria diventi tradizione. Ovvero, nel suo senso latino, qualcosa che si consegna, che si dà in mano a qualcun altro per trasmettere un messaggio, per comunicare qualcosa. Insomma, ciò che è sempre vivo, e lo è a discapito dello scorrere inesorabile del tempo e delle persone, ecco, quello è tradizione. La memoria deve essere sempre viva.