L’INTERVISTA Giorgio Fornoni: “Ecco perché siamo sull’orlo di una nuova guerra di potere  certo, ma anche di interessi sul gas”

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    L’INTERVISTA

    Giorgio Fornoni: “Ecco perché siamo sull’orlo di una nuova guerra di potere certo, ma anche di interessi sul gas”

    Piero Bonicelli

    Giorgio Fornoni è uno che sui fronti di guerra ci è stato, rischiando anche la vita. Ed è uno dei pochissimi che sa leggere lo scenario internazionale che può portare alla guerra. Che non è mai “fredda”, è una guerra vera. Di cui subiamo già nella minaccia, le conseguenze. Il nostro è un mondo che guarda a quello che gli entra e gli esce dalle tasche, è un degrado di umanità, ma far capire che se le bollette del gas sono schizzate in alto ha un perché, forse la gente quel “perché” lo recepisce, più delle immagini delle violenze, dei morti, delle stragi che emozionano per qualche istante e poi vengono sopraffatte da altre notiziole e polemiche che producono commenti e polemiche di poco conto a iosa su facebook. 

    Alziamo gli occhi, se “un batter d’ali di farfalla in Brasile può provocare un tornado in Texas” è importante sapere cosa succede oltre la siepe del nostro giardino che provoca liti con i vicini di casa.

    Giorgio Fornoni per Report e per importanti riviste nazionali ha realizzato reportage sulle guerre e in generale sull’est dell’Europa. Ci è andato di persona, ha intervista personaggi che poi hanno pagato anche con la vita il coraggio di aver denunciato situazioni imbarazzanti per i regimi. 

    E allora proviamo a capire cosa sta succedendo alla frontiera tra Ucraina e Russia dove sta per scoppiare una guerra che, viste le potenzialità di armamenti militari possono metterci davvero in pericolo, non bastasse la strage provocata dal Covid in tutto il mondo. 

    «Premessa: Ma dov’è l’ONU? …è da tempo che se ne parla… si dovrebbe correre a fare una riforma che dia maggior peso politico ai 191 paesi membri, ne tolga un po’ ai 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza e permetta alle Nazioni Unite di uscire dalla paralisi dei veti. Un riforma urgente, poiché l’ONU, rappresenta l’unico strumento che il mondo possiede per affermare diritti e principi, in assenza dei quali, tornerebbe a dominare la legge del più forte.

    È un braccio di ferro pericolosissimo quello che è in atto tra la Russia da una parte ed gli USA e l’Europa dall’altra… e potrebbe sfuggire di mano. E’ un conflitto di potere». 

    Le grandi potenze che si confrontano “l’un contro l’altro armato”. Sono Russia e Stati Uniti…

    «Sono convinto che la terza potenza mondiale, la CINA, in questo momento stia a guardare e così facendo ne trae comunque dei vantaggi… 1) È difficile che la Cina appoggi Putin, perché si inimicherebbe l’Unione Europea, oggi troppo importante partner commerciale… sono troppi gli interessi economici di interscambio… e Bruxelles non lo accetterebbe mai. 2) Però c’è da dire che se l’America e l’Europa impongono gravi sanzioni economiche alla Russia, queste sanzioni potrebbero essere attutite sicuramente dalla Cina e questa, è ovvio, ne trarrà vantaggi. 3) Se la Russia tiene impegnata la NATO e gli USA… anche in questo caso la Cina politicamente ne trae vantaggio...». 

    Cominciamo dalla Russia che sembra, con Putin, voler ricomporre il grande impero dell’ex Unione Sovietica. 

    «Sì, vorrebbe ricomporre il nuovo impero sovietico (alcuni paesi sono già entrati nella NATO assicurandosi la protezione di non aggressione). La Russia non accetta il tipo di sviluppo dei valori democratici europei nei paesi vicini… Non accetta che l’Europa influenzi politicamente territori come l’Ukraina perché farebbero sfuggire di mano e indebolirebbero il potere di un governo autoritario come quello russo. Putin ha sempre detto che ritiene un atto ostile il tentativo dell’Europa di avere l’Ukraina come sua alleata. E questo per la paura di perdere lo spazio sovietico che sta nei suoi sogni… pertanto la Russia tiene sotto scacco l’Ukraina, minacciandola di invasione e concentrando le sue truppe con un grandissimo dispiegamento di uomini – si parla di 100.000 soldati – e mezzi militari alla frontiera. Sono stato a Kiev già nel 2014. Putin aveva usato la forza annettendosi la Crimea e il Donbass. A Kiev mi aveva accompagnato un grande amico, Andrey Mironov, di nazionalità russa ma aperto ai diritti dei più deboli e protagonista delle lotte per la libertà. Pochi giorni dopo perse la vita durante la guerra nel Donbass. Putin, vuole attrarre verso di sé il Kazakistan, e per questo è intervenuto in appoggio al governo il 6 gennaio scorso (però la popolazione non vuole ingerenza russa) e anche per opporsi agli sforzi dell’occidente per rovesciare gli alleati di Mosca nonché per avere un alleato più docile e affidabile nel paese centr’asiatico».

    Ha già un alleato forte in zona, il Presidente della Bielorussia Lukascenko.

    «Lo tiene al guinzaglio, per tenere al guinzaglio la Bielorussia e lo appoggia. Per evitare che ex territori sovietici si disgregassero e volessero andare per la loro strada ha fatto guerre nelle repubbliche del Caucaso: Cecenia, Daghestan, Ossezia del Nord, ecc… di cui ho per anni documentato gli avvenimenti, Putin ha invaso la Georgia nel 2008 (e anche quella guerra l’avevo documentata rilevando il forte dispiegamento di forze militari e carri armati), creando un territorio indipendente ma sotto influenza russa nell’Ossezia del Sud, addirittura a pochi chilometri da Tiblisi, capitale della Georgia… Putin, non contento, per avere accesso al Mar Nero, si annette con un referendum l’Abkhazia (ero presente come osservatore).

    Oltretutto Putin impone all’Occidente e all’America di non accettare la stessa Georgia nella NATO. Già la Russia era intervenuta opponendosi per lo stesso motivo, contro gli Stati Baltici che distano appena 200 chilometri da San Pietroburgo… e non vuole nella NATO neanche la Svezia e la Finlandia. Non bisogna dimenticare che alcuni degli Stati che facevano parte del patto di Varsavia, come detto, sono entrati nell’alleanza atlantica e questo è stato mal digerito da Putin».

    Una guerra non solo di potere e controllo territoriale. Il territorio ha potenzialità energetiche, il gas arriva in Europa da lì, chi lo controlla ha un peso politico ed economico dominante.

    «Oltre il circolo Polare Artico è nascosta la riserva di combustibile più grande al mondo. Un terzo del gas russo è a Urengoy, una città della Russia siberiana nordoccidentale, a pochi chilometri, circa sessanta, a sud del Circolo polare artico. Conosco bene quei posti e ho studiato a fondo le reti di distribuzione del gas russo e non solo… ho fatto, come ben sai, lunghe inchieste per Report su “La via del gas”. I gasdotti vennero costruiti al tempo dell’URSS e il gas passava attraverso i tubi che si diramavano per tutto l’impero. In Kazakistan, ad esempio, l’Italia ha dei giacimenti che sfrutta in società. Però per poter beneficiare del combustibile, si è obbligati a svendere gas alla Russia perché appena fuori il confine entra subito nei tubi della Russia, che però a sua volta lo deve riconsegnare alla Bielorussia e all’Ukraina, perché i tubi passano attraverso questi due paesi, per poi entrare in Europa. È per questo che la Russia si è data subito da fare per aggirare l’ostacolo dei due Stati (Bielorussia e Ucraina) che potrebbero bloccare la fornitura del gas che passa nei loro tubi all’Europa in qualsiasi momento. Il Nord Stream, di proprietà di Gazprom, venne costruito, con la Germania, per saltare i diritti di transito, per saltare i negoziati con questi paesi (gli USA erano totalmente contrari) e ci sarebbe anche il Nord Stream 2, pronto, finito, ma la Germania ne ha congelato lo sfruttamento già nel settembre scorso. La proprietà dei due gasdotti, come dicevo, è della Russia. La nostra ENI, con altri Stati, voleva bypassare la Russia per importare gas da paesi dell’Asia Centrale e del Caucaso. Per questo aveva ideato il gasdotto Nabucco (fortemente voluto dagli USA) che sarebbe diventato una nuova via di importazione. Gas proveniente dal Kazakistan, che, attraverso il Mar Caspio, entrava in Azerbaijan, passando in Turchia etc. Ma fu un progetto seppellito. Così come per il South Stream… Poi finalmente arriva la Tap che dall’Azerbaijan (sul Mar Caspio), attraversa la Turchia, poi la Grecia e finalmente arriva in Italia… Nella stessa Georgia, passano i tubi che dalla Russia portano il gas ad altri Stati di parziale influenza russa, Armenia e Azerbaijan. La Russia è quasi monopolista nella distribuzione del gas e sta provando a dettare ed imporre i prezzi sul mercato mondiale… Ed è per questo che, ora, l’America sta cercando una via d’uscita da questo vincolo di sudditanza dell’Europa nei confronti della Russia».

    E naturalmente la Russia vuole invece conservare il monopolio e cerca di avere il controllo politico (anche con minaccia militare) quindi degli Stati su cui passano i gasdotti. Oltre quindi a una strategia politica c’è anche una strategia economica, che poi le due strategie sono sempre abbinate, come in tutte le guerre che si sono succedute nella storia.

    «E’ evidente che la Russia di Putin vorrebbe che l’Ukraina non avesse alcuna protezione da parte dell’Europa e dell’America. E lo stesso vale per le zone del Caucaso e dell’Asia Centrale… Così obbligherebbe la NATO a non intervenire ancora sugli Stati ex sovietici e che ancora non fanno parte della NATO.  Per questa ragione non è accettabile per Putin l’allargamento della NATO, come non è accettato il dispiegamento di missili e forze militari ai suoi confini… Ricordiamo che l’Europa aveva schierato già truppe in Polonia e nei paesi baltici dopo l’invasione della Russia per annettersi la Crimea nel 2014».

    Mentre gli Stati Uniti, per opposti motivi  vorrebbero che l’Ukraina e la Georgia entrino nella NATO, sottraendole all’influenza russa. 

    «Ma per Putin questa sarebbe ed è una ingerenza e un oltraggio. L’America e l’Occidente nell’89 e nel ‘91 avevano promesso di non allargare l’influenza della NATO… Sappiamo che questa invece si è rafforzata di mille chilometri verso est… La stessa America impone all’Europa una posizione di spinta e di accettazione verso le repubbliche ex sovietiche, facendole entrare nella NATO e mettendo delle proprie basi militari in Europa, armando Stati proprio ai confini con la Russia. C’è anche da rilevare che nel 2019 gli USA sono usciti dal trattato sulle forze nucleari a medio raggio che vieta il dispiegamento di missili di portata compresa tra i 500 ed i 5.500 chilometri, sostenendo che un nuovo missile russo violava i termini dell’accordo».

    E avanti con il riarmo…

    «Come dice bene Papa Francesco: “Costruire armi, significa che un giorno qualcuno le userà”. Che senso ha la guerra che sul campo alla fine non lascia che morti e disperazione da tutte le parti? Mi tornano alla fine in mente le parole, per me sacre, di un grande sopravvissuto ai Lager staliniani, Gregory Pomeranz, uno tra i più se non il più grande studioso di Dostoievskij, amico di Solgenitsin e di Shalamov, che, in una intervista nel mio videoreportage sui Gulag, alla domanda che gli avevo fatto: “Perché l’uomo, dopo tante sofferenze, non riesce a capire di smettere le guerre e a preservare innanzitutto il valore della persona?”, mi rispose: “Penso si spieghi col fatto che gli uomini, noi in fin dei conti, non siamo stati capaci di trasmettere la nostra esperienza. L’esperienza che Shalamov ha fatto e che ha raccontato; l’esperienza raccontata da Oleg Volkov nelle sue memorie, e nelle memorie di molti altri. Questa esperienza non è diventata patrimonio della massa. Solgenitsin stesso, nel suo Arcipelago Gulag, ha fornito moltissimo materiale; anche lui pensava che se la gente avesse letto questo libro, il regime sovietico sarebbe caduto. E invece no; la gente legge e poi si stufa, preferisce vivere delle sue occupazioni quotidiane; pensa che ormai sia acqua passata, che ormai il mondo è diverso. In questo pesa molto l’egoismo superficiale della gente. Ma sì, è roba passata, adesso non c’è più; oppure: ma sì Stalin ha fatto molte cose cattive, però ha vinto la guerra. In Russia ancora oggi a uno che abbia vinto in guerra siamo pronti a perdonare anche 100.000 morti che abbia fatto strada facendo. Ma vede Giorgio, gli uomini di solito conoscono il male solo su scala limitata, il male si presenta solo sulla soglia di casa. Un male così diffuso, una conoscenza del male così ampia come nel Ventesimo secolo non è comprensibile all’uomo medio. L’uomo medio vive nel suo mondo ordinato, e attribuisce il male a qualche fattore che non lo riguarda. Bisognava far vedere il vero volto, il volto disgustoso del male perché la gente lo rigetti. E questo è il momento della cultura far vedere alla gente quanto è disgustoso il volto del male, com’è orrendo l’odio che giustifica il perpetuarsi del male come vendetta. E così via…”.

    Con i mezzi di distruzione attuali di cui dispone l’umanità, conservare il ribollire dell’odio, ritrovare sempre un’occasione di vendetta può portare alla fine dell’umanità intera. Noi ci troviamo alle soglie di pericoli tremendi, perché nello stato attuale della nostra civiltà, le sue forze meccaniche e tecniche sono talmente grandi che rendono indispensabile un uomo diverso, un uomo dal cuore aperto. E tutta l’educazione deve essere indirizzata a questo».

    Cosa succede in Ukraina?

    «Da anni il paese è diviso in due. È al confine tra Europa e Russia… Si potrebbe dire europea ma non totalmente europea. Putin nei suoi interventi contro l’Ukraina a volte ha vinto, a volte ha perso. Questa ritengo sia un’altra prova di forza che sta facendo. Ed inoltre va considerato che c’è sempre la NATO che allarga la sua influenza militare come ci fosse ancora il patto di Varsavia.

    Come al solito ci sono le persone che stanno in mezzo, che pagano questo braccio di ferro che effettivamente non fa bene a nessuno: né all’Ukraina, né all’Europa. E non sono troppo convinto che faccia bene alla Russia. Ma la Russia di Putin ha bisogno di nemici e l’Ukraina è il nemico perfetto. E la stessa America ha bisogno di nemici ed anche stavolta, spinge l’Europa verso un braccio di ferro delicato. In questi ultimi tempi la politica estera americana è sempre stata fallimentare. Basta vedere quanto è accaduto in Afghanistan e in Siria…

    Ho fatto una inchiesta sulle armi di distruzione di massa e so per certo che i mari sono pieni di sommergibili a maggioranza americani e russi, che pure devono essere smantellati, eppure se ne costruiscono di nuovi. Ci sono situazioni per nulla trasparenti. Sia per quello che riguarda le armi di distruzione di massa, sia per la guerra energetica. Del gas ora, per intenderci».

    Giorgio Fornoni ha incontrato e intervista personaggi scomodi al regime di Putin, come Anna Politkovskaja…

    «Ad una domanda che le posi sull’atteggiamento di Putin in Cecenia, lei mi rispose: ”Ritengo che se sei un Presidente e siedi al Cremlino, la responsabilità principale è che nel tuo paese ci sia la pace. Personalmente non è che non mi piaccia Putin, è che non mi piace ciò che lui sta facendo. Lui deve mantenere la pace… è un suo dovere costituzionale. Invece da anni continua la guerra nel Caucaso, con migliaia di morti non solo ceceni ma anche russi. Putin deve smetterla con questa guerra suicida e mettersi al tavolo delle trattative anche con le persone che non gli piacciono”».

    Poi è finita male. 

    «Ricordo le sue parole: ”Tutti hanno paura ora, e anche io sono una parte del tutto. Anch’io ho paura, ma questa è la mia professione, e avere paura è una cosa tua personale. La professione esige che si lavori e si parli di quello che è il fatto principale nel paese, e la guerra che continua è un fatto principale. Perché lì muore la nostra gente. Avere paura o non averne è il rischio di questa professione”».

    E adesso torna la guerra?
    «
    È pericoloso il braccio di ferro che è in atto tra le potenze di Russia da una parte ed USA ed Europa dall’altra… e potrebbe sfuggire di mano una situazione che viaggia su botta e risposta tra richieste insensate, e solo di potere, tra le due parti…». 

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