benedetta gente

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    “Brutta storia questa storia / di chi è stata la vittoria?” (Pelù). Nella storia c’è chi ha vinto molte battaglie e perso la guerra. E in Russia non la possono nemmeno chiamare guerra, questa guerra, ma “operazione speciale sul territorio dell’Ucraina”. E chiudono i giornali (la Novaja Gazeta è l’ultimo a chiudere per disperazione, con pagine bianche a denunciare la censura). Anche da noi i quotidiani non godono di buona salute, e questo sarebbe imputabile ai social, al mitico libero mercato, non fosse che, al solito, i maramaldi anche da noi infieriscono accusando i giornalisti di essere al soldo di un presunto regime. Bisognerebbe avere il pudore (e la cultura), il senso della misura, nell’uso dei vocaboli.

    E poi arriva il delitto fuori stagione (solitamente i gialli dilagano in estate). Una donna uccisa, fatta a pezzi, scorticata, messa in sacchi della spazzatura lanciati, nemmeno in un dirupo, in un prato, su in montagna, tra Val di Scalve e altopiano di Borno, là dove c’è stata una contesa secolare, la guerra più lunga dei mondo, sei secoli, tra scalvini e bornesi per i pascoli del Negrino. La montagna sembra diventata la discarica dei sentimenti (un altro sacco con cadavere era stato trovato nei boschi nella zona del Vivione).

    Le migliaia di morti ucraini sono passati per qualche giorno in secondo piano, qui c’è un morto, uno solo, ma mentre abbiamo discusso e litigato su chi sia il cattivo di quella “brutta storia” russo/ucraina, qui ci siamo subito appassionati su questa brutta storia nostrana: chi è la vittima, chi è l’assassino? I particolari in cronaca, “qualche assassino senza pretese abbiamo (di nuovo) anche noi qui in paese”.

    “A Mariupol è in corso un genocidio… i cadaveri non sono interi, ma pezzi di carne umana”. Già, a pezzi, come la donna del delitto nostrano. Ma questa va in cronaca, l’assassino è uno di noi, un bancario, uno “normale”, l’Ucraina è (relativamente) lontana, ci sorprende che nel nostro tran tran ci sia gente che uccide, squarta, mente, getta carne umana in sacchi della spazzatura, come mettiamo i sacchetti nell’umido. I lupi (si spera solitari) sono tra noi. Là intere città distrutte, in macerie, morti dilaniati dalle bombe, irriconoscibili, pezzi di umanità senza più identità, sopravvissuti in fuga disperata. Chi è l’assassino? “Almeno 100 mila persone sono intrappolate, non c’è cibo”. Un genocidio. E noi qui a discutere ancora di chi sia il cattivo di questa storiaccia, perché da sempre vogliamo poter distinguere nettamente in ogni storia i buoni dai cattivi. Il cattivo della nostra storia ruspante c’è, in fondo tiriamo un sospiro di sollievo, giallo risolto. Là non c’è il giallo, solo il rosso del sangue. Vuoi mettere, un tempo c’erano “primavere” di ricerca di libertà, poi finite troppo in fretta, da quella storica di Praga a quelle arabe, soffocate nel sangue, come la stagione di riferimento. Non c’è ribellione di popolo. La donna (che è stata in Siberia con la famiglia) ci mette in guardia, “la maggioranza dei russi sta con Putin, quando dico qualcosa contro di lui, i miei fratelli mi accusano di essere diventata una spia italiana”. Insomma non c’è da aspettarsi nessuna “primavera di Mosca”. Questa è solo una primavera di morte. Già, “brutta storia questa storia, di chi sarà alla fine la vittoria?”. Godiamoci e apprezziamo la nostra, sia pure imperfetta, democrazia, gente.