Giovanna Ravan
Quando ero piccina, capitava che mio padre ci portasse al ristorante “in un bel posto”. Così diceva. E non era tanto per il ristorante (davvero pregevole in verità), ma per il luogo: quella collina incantata. Si attraversava Lovere e poi Castro, costeggiando e corteggiando il lago, con occhi abbacinati dai riflessi. Poi, a Riva di Solto, si saliva in paradiso. Dove il sole si pavoneggiava, stagliandosi sul blu cobalto del cielo, e trascorreva la giornata a rimirarsi nel lago, placido, appena sotto. E noi in macchina, meravigliati ad ogni curva: verde cielo lago, verde cielo lago, verde cielo lago e qualche villa di pregio… Sono trascorsi alcuni decenni. E tutto è cambiato. Una volta, forse il più noto tra gli architetti italiani viventi disse: “Un brutto libro si può non leggere; una brutta musica si può non ascoltare; ma il brutto condominio che abbiamo di fronte a casa lo vediamo per forza.” Penso a quanta semplice saggezza sia racchiusa in questa frase, ogni volta che percorro la strada della collina. Guardo a destra e a sinistra cercando l’erba e gli ulivi. Trovo edilizia, cemento: il sogno delle seconde case…
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