VALBONDIONE – LA STORIA – Lidia e Florindo che hanno accolto e accudito Luciana, 28 anni in manicomio, i figli persi per le bastonate, le docce gelate e…

2909

Quella che ci raccontano Lidia Galizzi e Florindo Albricci,  è una storia che ha dell’incredibile, e che invece è tutta vera. Una storia iniziata quasi 20 anni fa, quando a Valbondione arriva una ‘strana’ coppia: Luciana Lucidi e Francesco Tiraboschi,  reduci da 28 anni di manicomio lui, e 24 lei. E’ proprio in manicomio – cioè nel reparto psichiatrico dell’Ospedale di Bergamo – che i due si sono conosciuti, durante le prove di una delle rappresentazioni teatrale che gli psicologici organizzano a scopo terapeutico per i malati. Luciana e Francesco però malati non sono, o meglio non sono più, e infatti nel ’96, quando il manicomio viene chiuso, sono riusciti con l’aiuto della comunità Logos a rinascere a nuova vita andando ad abitare insieme in un appartamento proprio nei pressi dell’Ospedale. Sono finalmente liberi, si vogliono bene e sono felici, ma due anni dopo l’appartamento  dev’essere lasciato libero e devono cercare un’altra abitazione. La scelta cade su Valbondione, dove trovano a poco prezzo, l’unico che possono permettersi, un posto dove stare:

“Ma si trattava di poco più di un tugurio –dice Lidia Galizzi, 73 anni, la signora di Valbondione che avrà una parte importantissima in questa storia – senza acqua corrente, malamente riscaldato da una stufetta a kerosene, male arredato,  isolato dal resto del paese….”.

Luciana e Francesco si accontentano, ma il parroco don Diego  si accorge ben presto del loro disagio e del loro isolamento sociale: i due hanno bisogno di tante cose e il parroco si dà da fare per aiutarli, chiedendo anche a Lidia, di cui conosce la disponibilità ad aiutare il prossimo nonché la generosità con cui ha già accolto alcuni dei bimbi provenienti da Chernobyl – tra cui Katia Kristaliova, che ha allevato e fatto studiare  e che ora è assistente sanitaria della Casa di Riposo “Santandrea” di Clusone –  di stare vicina ai nuovi arrivati e di dare loro una mano.

Invito onorato alla grande da Lidia e dal marito, che si prendono a cuore la situazione dei due nuovi Valbondionesi e li supportano in ogni loro necessità: li invitano a pranzo  e a cena, li accompagnano in auto quando hanno bisogno di visite mediche, li trattano insomma come  persone di famiglia, tra mille difficoltà e tra i pettegolezzi malevoli degli altri paesani, che invece non accettano la presenza di quegli  gli ‘intrusi’ nella loro comunità, manifestando spesso insofferenza ed avanzando il dubbio che i coniugi siano mossi da oscuri interessi economici… La situazione precipita quando, poco dopo, Francesco muore e Luciana resta  ancora una volta sola. I suoi fratelli e le sue sorelle – che l’hanno abbandonata da decenni e che hanno fatto adottare i suoi figli  dicendo loro che la madre è morta – si fanno vivi all’improvviso, dicono a Luciana che ‘sarebbe stato meglio se fosse morta lei’ e decidono di metterla in un ricovero. Luciana a questo punto, disperata, si aggrappa letteralmente a Lidia ed a Florindo i quali, senza pensarci più di tanto, decidono di prendersela in casa e la ospitano nell’appartamento al piano terra della loro bella casa antica in contrada San Lorenzo, quello che di solito affittavano ai villeggianti estivi, dove Luciana è vissuta finalmente  serena, amata ed accudita fino alla morte, avvenuta qualche settimana fa:

“Sì, le abbiamo voluto bene, spesso l’abbiamo anche sopportata con un po’ di fatica perché non aveva un carattere facile – dicono Lidia e Florindo – ma sapevamo quanto aveva sofferto nella sua vita precedente, e questo ce la faceva amare ancora di più”….

SUL NUMERO IN EDICOLA DA VENERDI’ 6 MAGGIO

pubblicità