Le delusioni e la solitudine dei numeri primi. Uno sa di essere fuori dal coro, rivendicando di avere pensieri in esclusiva, poi però, quando ne ha la riprova numerica, ci resta male, possibile ci sia gente che non la pensa come me? Eppure l’avevo scritto sui social, avevo preso anche qualche decina di “mi piace”, dove sono spariti tutti, non gli piaccio più? E c’è chi decide (a salve) addirittura di emigrare, rincorrendo una Samarcanda, un posto, un’isola dove non esista il male, l’ignoranza, e perfino la “nera signora” della morte e dove trionfi il pensiero unico, il proprio, quello che sapeva di possedere appunto in esclusiva, non mettendo in conto che, proprio per quella unicità, il totale della somma dei pensieri altrui l’avrebbe sommerso e lasciato solo sul cuore della terra, trafitto non da un raggio di sole ma da una notte di acidità di stomaco.
Erano cinque domande quelle del referendum, adesso dicono che erano difficili, nell’interrogazione non bisognava nemmeno esporre, motivare, spiegare, bastava tracciare una croce, l’ennesima, su un Sì o un No. Ma il docente l’ha fatto apposta, ci ha interrogati a giugno, quando le scuole sono finite e ci ha fatto delle domande su cose che non avevamo avuto voglia di studiare, insomma una carogna. E c’è chi sostiene che l’insegnante poteva rispondersi per conto proprio, cosa ne so io di queste cose, cosa ne so io della democrazia, cosa ne so io di qualsiasi cosa se non del mio interesse e tornaconto? E poi, se andiamo a guardare, quello che faceva le domande capace che poi si servisse della mia risposta per farsi gli affari suoi, con la giustizia è meglio non averci a che fare che magari poi riescono a sapere se ho votato contro i giudici e se mi capita che il mio vicino di casa mi denuncia, quello gli dà anche ragione, della serie “il ladro di cavalli non era lui, ma fu impiccato per comodità”.
“Io vado sempre a votare, non mi lamento mai, è un dovere civico”,commenta a sorpresa l’anziana signora fuori dal seggio, forse ricordando tempi in cui se non votavi venivi messo alla gogna civica. Le due signore di mezza età (anche se non so più quale sia la mezza età visto che la vita si è allungata) che stanno al seggio, nel deserto dei non votanti, hanno il tempo per dirmi che a votare per i referendum sono venuti soprattutto gli anziani. “Della nostra età saranno state tre o quattro”. Lo dicono senza malizia, nemmeno si accorgono che hanno di fronte appunto un anziano.
Nei paesi dove si è votato per le comunali c’è stata più affluenza, anche se dove c’era lista unica, il terrore del quorum è durato fino a sera. Leggo bilanci trionfali per aver conquistato un Comune, “abbiamo vinto”, dicono i rappresentanti dei vari partiti. In realtà nei paesi piccoli e medi i partiti non hanno contato proprio niente, anzi, ci sono casi eclatanti di sconfitte con tanto di simboli accostati sul simbolo, un ammasso di simbolini di partiti… mai arrivati. La sterilità di idee e programmi esalta il ruolo e peso delle persone, che vengono elette “nonostante” i partiti. Per fare cosa si vedrà. Che poi essere eletti sindaci non è aver “vinto” qualcosa, oggi un sindaco è il bersaglio designato di ogni malessere e malcontento, gli applausi postati su facebook, già domani che è un altro giorno, si trasformeranno nelle faccine incavolate. Sic transit gloria mondi.
Arriva la bella e calda estate. Godetevela.