L’originale statua lignea raffigurante un boscaiolo è stata benedetta a fine luglio scorso nel bosco degli ‘Spiazzi dell’Acqua’, in Val Sedornia, nel territorio comunale di Gandellino, nell’ambito della tradizionale festa di S. Carlo, al quale è dedicata l’omonima chiesetta che ricorda, secondo la leggenda, il passaggio di S. Carlo Borromeo.
“E’ stata una festa bellissima e la posa della statua ha commosso molti dei presenti, che in questo modo hanno ricordato i loro nonni e i loro padri i quali, nei boschi della Val Sedornia hanno lavorato per tutta la vita traendone il sostentamento per sé e per le loro famiglie –commenta Battista Fornoni, che insieme al fratello Bonaventura conduce ora la grande omonima segheria a Villa d’Ogna -. La sindaca Flora Fiorina ha fatto un discorso molto toccante e dobbiamo ringraziare anche gli Alpini, i Volontari e la Pro Loco di Gandellino che hanno organizzato tutto alla perfezione”.
Sono infatti loro, la famiglia dei ‘Törla’, che hanno regalato al Comune di Gandellino la statua lignea, realizzata totalmente con la motosega dallo scultore piemontese Flavio Favaro:
“Volevamo onorare la memoria dei tanti nostri convalligiani che col loro lavoro, pesante, duro e spesso pericoloso, davano vita ad una forma di economia diffusissima un tempo nelle nostre zone, un’attività la quale, al contrario della pastorizia e dell’attività mineraria, è a mio parere ancora poco studiata e raccontata, nonostante vi si si siano dedicate centinaia di persone di più generazioni”.
Come i Fornoni, appunto, discendenti di una numerosa famiglia ardesiana che acquistò la segheria nel 1940 ma che al lavoro del bosco era dedita fin dall’’800: dal bisnonno Serafino, al nonno Bonaventura ed ai suoi quattro fratelli Angelo, Luigi, Pietro e Maurizio; Bonaventura e Battista sono appunto i figli di Angelo.
“Quando la famiglia Salvoldi, proprietaria della segheria, abbandonò l’attività, fu chiesto di ritirarla a me ed a mio padre – spiega Leone Fornoni, 75 anni, della famiglia dei ‘Brösöla, cugino degli attuali proprietari, che nel bosco cominciò a lavorare appena quattordicenne – ma io non volli perché all’epoca avevo vent’anni e capivo che con una simile responsabilità avrei finito di avere buontempo, come si usa dire, non avrei avuto più nemmeno un’ora di tempo libero…Perciò subentrarono i miei cugini, correva l’anno 1980”.
Cugini che poco per volta si sono ‘allargati’, apportando alla struttura la serie di cambiamenti necessari a stare al passo coi tempi:
“Ora ci lavoriamo in nove persone, e proprio recentemente ne abbiamo assunto tre, tutti tra i 20 e i 30 anni, e constatiamo ogni giorno che non è vero che i giovani non hanno voglia di lavorare, i nostri nuovi assunti sono bravissimi, desiderosi di imparare e grandi lavoratori – aggiunge Bonaventura-. Il nostro non è un lavoro semplice, ci vuole preparazione e formazione e il pericolo è sempre in agguato, insomma ci vogliono passione ed applicazione….
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