ELEZIONI -AZIONE – ITALIA VIVA – ANDREA MOLTRASIO – “Sono nonno, tenendo in braccio la mia nipotina ho pensato ‘ma cavolo, non posso lasciarle, a parte il debito pubblico, un ambiente deteriorato”

0
389

Andrea Moltrasio sale a Clusone e arriva in redazione in un giorno magico, di sole settembrino.
Da queste parti ci viene in bici (magari “assistita”, come si dice dell’apporto elettrico di moda, in certi tratti). Oggi no, giacca e cravatta che è in sintonia con la sua storia. Il suo curriculum è corposo. Ma adesso ha un’età in cui uno di solito si gode la pensione. E’ diventato anche nonno da poche settimane. Poi lo si trova candidato per “Azione” nel collegio uninominale per il Senato U07 di Bergamo e valli. E da queste parti si è aggiunta anche “Italia sul Serio…” che sembra un riferimento ambivalente, la serietà, ma anche il fiume Serio.

“Quello è uno slogan che piace molto in Val Seriana, meno in Val Brembana”
Sulla soglia dei 66 anni (da compiere il 7 ottobre). Ma chi glielo fa fare di candidarsi?
“È una passione civile che ho avuto fin da ragazzino, fin da quando ero a scuola mi è interessata alla politica nel senso di occuparmi del bene comune; ho partecipato sempre alle attività di rappresentanza fin dal liceo classico Sarpi, poi all’università, a ingegneria ero nel consiglio dell’Opera universitaria. Poi sono andato negli Stati Uniti, sono tornato, ho fatto il militare nelle truppe da montagna, truppe Nato, sono stato in Norvegia e Germania a fare esercitazioni, un’esperienza molto bella. In seguito ho fatto un master negli Stati Uniti. Poi sono tornato e ho trovato una casa politica in Confindustria dove sono stato presidente dei giovani imprenditori, poi nel 2000 sono stato vicepresidente e poi presidente dell'Unione Industriali Bergamo, poi Confindustria a Roma, a Bruxelles. Dieci anni di Confindustria dal 2000 al 2010 prima a Bergamo poi a Roma, occupandomi prima di energia e poi molto di Europa, tenevo i rapporti con l’Europa nel senso di Bruxelles e con le attività che le imprese fanno a Bruxelles di tipo lobbistico, non è una
parola brutta, nel senso del fare gli interessi dell’impresa e quando fai questo ti occupi di politica, inevitabilmente…”.
Sì, ma con una visione da imprenditore… “Diciamo che io sono sono imprenditore di seconda, anzi, di quarta generazione, nel senso che il mio bisnonno è venuto a Bergamo alla fine degli anni 80. Nel 1887 ha fondato la ditta Moltrasio e poi mio nonno è andato avanti con l’attività. Poi nel dopoguerra è nata la Icro Coatings che è una ditta di vernici di cui mi sono occupato. Ma ho fatto anche altre cose; a un certo punto nel 2000,
quando ero presidente dell’Unione Industriali, i parenti da parte di mia mamma mi hanno affidato la clinica Castelli. Ora non sono più parte della clinica perché è stata ceduta nel 2018 al gruppo Humanitas e devo dire che è stata una scelta che mi fa ancora soffrire tantissimo, sembrava una decisione buona… Quella era una sanità di territorio, col malato al centro. Dal punto di vista manageriale era una grossa soddisfazione, la clinica era in difficoltà, ma poi l’abbiamo portata ad un ottimo livello. La cosa buona era che si occupava della sofferenza, della malattia di tante persone”. Infatti, anche a livello popolare, la clinica Castelli a Bergamo era un punto di riferimento.
“Il nonno era straordinario e poi lo zio che è andato avanti anche lui. Poi a un certo punto, nel caos della sanità, queste aziende piccole soffrivano un p, ma la mamma e la zia mi hanno
chiamato a fare anche questo ed è stata un'esperienza molto bella. Poi mi sono buttato in altre
cose, le banche, UBI banca…”.
Restiamo in argomento, ma perché Bergamo ha perso tutte le sue banche?
“La strategia che è stata scelta dopo che la banca è diventata Spa, è stata una strategia che allontanava inevitabilmente la banca da essere banca di territorio. Io avevo cercato di fare una riforma della Banca Popolare in modo che mantenesse la possibilità per i soci di partecipare: io credo molto nel capitalismo degli stakeholder (traduzione: titolare di una posta in gioco, insomma che partecipa direttamente in una società finanziaria – n.d.r.), invece di quello degli shareholder (semplice azionista – n.d.r.), stakeholder vuol dire i portatori di interesse nei confronti di un attività economica, quindi dipendenti, soci, il territorio, diremmo oggi. Secondo me la banca era una espressione straordinaria di questo capitalismo degli stakeholder, portatori di interessi, e quindi avevo cercato di fare una riforma, l'ho fatta approvare interamente a noi. Qui c’era sì una componente capitalistica che metteva molti capitali e doveva naturalmente pesare nel government,
ma manteneva una parte popolare che poteva partecipare. Questa riforma, approvata al 99% dalla nostra assemblea dei soci, è stata spazzata via dalla riforma delle Popolari quando è stato chiesto di fare SPA alle Popolari più grandi. In realtà c’era una ragione per farlo perché alcune Popolari, parlo di quelle del Veneto, avevano avuto un degrado… però da noi Ubi era veramente un’istituzione, portarla a SPA è stata portarla nei venti del mercato. La strategia giusta era, secondo me, quella di investire molto nella tecnologia: oggi è fondamentale per le banche dare un servizio a tutte le imprese, piccole e grandi del territorio, che è quello che qualifica Bergamo e
Brescia”. Fatto sta che Bergamo e Brescia adesso non hanno più banche..

SUL NUMERO IN EDICOLA DA VENERDI’ 23 SETTEMBRE

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui