VAL DI SCALVE IL CASO Come la Curia vescovile espropriò gli Albrici della Cappellania e della chiesetta di S. Carlo

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Ci fosse ancora “un giudice a Berlino” come invocava il mugnaio Arnold che ebbe giustizia non dai giudici ma direttamente da Federico di Prussia detto il Grande (che mandò in galera i giudici che avevano deciso di togliere il mulino a quel poveretto, al quale il conte che da lui pretendeva la tassa sul macinato, aveva… deviato il torrente che lo faceva funzionare) , la sentenza del 14 febbraio 2017 del Giudice Onorario Antonella Belgeri potrebbe essere ribaltata. Non ci sarà “appello” perché gli eredi Albrici, “vittime” di questa sentenza, non spenderanno altri soldi per una causa che è solo di “principio”. Insomma in ballo non ci sono soldi (si può parlare di circa 300 euro l’anno) sempre devoluti dagli “amministratori” della Cappellania Albrici, detta di Santa Caterina, per Messe di suffragio o manutenzione di “tre vecchi cascinali rurali utilizzati per attività agricola”, boschi e prati. Ora questo patrimonio è stato assegnato dal giudice all’Istituto Diocesano per il sostentamento del Clero. Ma c’è di più: già che c’era il giudice ha assegnato allo stesso Istituto anche la chiesetta di San Carlo. E questa è un’assegnazione che dalle carte appare ancor più arbitraria in quanto la chiesetta non c’entrava e non c’entra nulla con la Cappellania Albrici (anche se il cognome di chi l’ha fatta costruire era lo stesso) ma, si sa, le sentenze a volte vanno per le spicce.

Ma ricominciamo da capo. La storia la racconta Stefano Albrici, organista della parrocchia di Vilminore, presidente della Corale della Valle di Scalve. Insomma non proprio un… anticristo.

Il 27 aprile 1476 alcuni appartenenti alla famiglia Albrici istituivano la Cappellania Albrici detta di Santa Caterina destinando i frutti del loro patrimonio immobiliare a sostenere il mantenimento di un cappellano che era legato all’impegno di celebrare Messe e anche per fare beneficienza alle famiglie bisognose. Gli Albrici durante questi secoli hanno sempre mantenuto quell’impegno”. La Cappellania ha sempre curato l’altare che c’è nella chiesa plebana di Vilminore dove in alto c’è appunto lo stemma degli Albrici. Al “mantenimento” degli impegni si procedeva con le entrate e le rendite di boschi, prati e alpeggi. Gli Albrici fondatori erano di diverse famiglie, poi nel corso dei secoli per estinzione o per altro, si sono ridotti a solo quelli del ramo “Gabrieli”. Stefano mostra copia del capitolato in cui gli Albrici, titolari della Cappellania, assegnavano “al M°. Rev. D. Giuseppe Magri” l’incarico di Cappellano il 23 giugno 1899….

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