Finestra che cammina

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    Un mazzo di carte sulla scrivania, rovinate, vecchie, con lo sesso gioco di sempre, toccate dalla mia nonna anni fa, nel mio zaino ora. Loro però restano. Io me ne vado. Posso stare via centinaia di anni, sbirciare da lassù che succede, ma gli stessi cori di stelle e di acqua, la volta del cielo che si apre ogni mattina, lo stesso vento che sparpaglia i semi, lo stesso canto che sussurra la madre a un figlio. E allora di cosa mi preoccupo qui? Dovrei inseguire solo i desideri. Che i desideri, a differenza dei bisogni, non conoscono sazietà. E la sazietà poi ti ferma. Ti fa rimanere lì incollato a un divano. Il tempo insegue desideri, si è divorato anche novembre, che sembra sempre lungo, torna Natale, torna tutto, non torno io. Che sono come i conti in questo periodo di inflazione. Faticano a tornare. Ma poi alla fine una soluzione la trovano. Che i conti hanno portato pure i mondiali in tv in inverno e gli hanno tolto quel fascino delle magliette sudate nelle strade a cantare davanti a un inno nazionale che non conosciamo.

    Cerco altro. Miniature di me. Quando mi aggiro per strada voglio essere finestra che cammina, aperta, su quello che mi pare. Senza dover fare i conti con nessuno. Tanto meno con me stessa. Prendila sul serio, come fa lo scoiattolo che ho visto questa mattina in auto per esempio, senza aspettarti nulla, dal di fuori o nell’aldilà. Non avrai altro da fare che vivere. Prendila sul serio ma sul serio a tal punto che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi non perché restino ai tuoi figli ma perché un giorno vorrai fare l’olio, non importa quale giorno di quale anno, non crederai molto alla morte pur temendola, e la vita peserà di più sulla bilancia. E forse, sarà una meraviglia.