Sono le 11 in punto di un martedì di inizio marzo, a Solto Collina è giorno di mercato. Il cielo è grigio, ma il venticello fresco profuma già di primavera. Battista, di cognome Zambetti, scende la piccola scalinata in pietra che porta verso l’ascensore del Municipio. Mi stringe la mano, mi fa strada e sorride. 66 anni compiuti a gennaio, 35 passati in carcere, più della metà della sua vita: “Da qualche giorno ho finito di scontare la pena, resto a lavorare fino alla fine del mese e poi ho finito… un po’ mi dispiace, qui mi sono sempre trovato bene. Vorrei restare, ma le spalle fanno male, adesso ho una certa età e non riesco più”, aggiunge. (Al Comune di Solto lavorava nell’ambito del progetto Carcere e si occupava del verde pubblico).
“Arrivo dal Cerrete, stiamo sistemando il verde”, dice mentre con l’indice preme sul tasto ‘2’ che ci porta agli uffici. Pile blu sotto il piumino verde che appoggia allo schienale della sedia rossa accanto alla scrivania del sindaco, blu jeans, occhiali tondi e capelli brizzolati.
Battista qui lo conoscono tutti come il ‘Ragno’, “un soprannome che mi porto dietro fin da bambino” e che gli è rimasto addosso. “In realtà mi chiamavano ‘Ragnì’, piccolo ragno in bergamasco, quando sono diventato un po’ birichino, poi sono cresciuto e sono diventato ‘Ragno’, mi chiamavano così perché mi arrampicavo dappertutto”.
L’inizio del mese di marzo, precisamente il 2, coincide con la fine della condanna, perché “sai, c’è chi nella vita sceglie di fare l’operaio, io ho scelto di rapinare banche”.
A raccontare la storia di Battista partiamo proprio dalla fine, da questi anni – quattro e mezzo – passati tra decespugliatori, forbici, soffiatori a curare il verde di Solto Collina.
“Sono stato per un anno ad Albano Sant’Alessandro e poi, tramite il sindaco e Sabrina Amaglio, che si occupava del progetto con le carceri, sono arrivato qui. Solo da un anno sono completamente libero, prima uscivo alle 5.30 del mattino e dovevo rientrare in carcere a Bergamo la sera alle 9”, racconta. Tornare a Solto è stato come tornare a casa, Battista è originario di Monasterolo e abita ad Esmate dal 2009. “Sono rimasto in standby qualche mese, perché nessuno mi voleva qui. Hanno insistito il sindaco e Sabrina, hanno voluto che facessi questo percorso, volevano darmi questa seconda possibilità”. Gli sguardi della gente inizialmente pesavano parecchio, “mi guardavano storto, mi evitavano e quando andavo al bar per bere un caffè, c’era chi voltava la faccia dall’altra parte. Mi dispiaceva, perché tutto questo ricadeva sul sindaco, tutti gli chiedevano cosa gli fosse venuto in mente a portare in Comune un bandito. Non davo molto peso alla reazione della gente, d’altronde sono abituato alle intemperie, non pretendevo nulla”.
E poi? “E poi nell’arco di pochi mesi tutto si è capovolto, hanno visto che facevo il mio lavoro, mi impegnavo, e così mi salutavano, mi invitavano a casa a mangiare. Questo è stato il mio riscatto, mi sono impegnato perché potevo fare qualcosa per il mio paese e adesso che hanno saputo che ho finito, mi chiamano per chiedermi il motivo”.
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