Seduta sulla tua sedia, respiro dove manchi, così non sento più la primavera del tuo sorriso e trattengo il fiato per arrestare in quel briciolo di pelle il tuo ultimo odore, mi sfugge perché questo tempo non ha più la tua voce. Però la voce si scalda lo stesso dentro l’odore intenso di un marzo sbattuto e inquieto. Mi scaldo dentro la tua maglietta colorata nello sfiorare le corde di una chitarra che non suona più e somiglio a te per i silenzi di cristallo.
Non sapevo ci fosse anche il bisogno di nostalgia. Come quando da piccoli arrivati alla salita di ghiaia e sabbia che conduceva alla collina del panorama, così la chiamavamo, portavamo le nostre biciclette a mano, oltre il sole e alle cicale. Sempre ad un passo dalla vita. Sempre ad un pazzo dalla vita. Sempre ad un pozzo di desideri. Ad un passo dal pazzo che beve dal pozzo avvelenato, c’è chi ha le mani giunte e non prega, c’è chi le nasconde dietro alla schiena e ghigna, ci sono fili e burattini e leggi che barcollano nell’ubriachezza di una felicità che festeggia a comando.
Ho bisogno di piangere, anche se non so bene come si fa. Di andare a Lisbona. Di baciarti quando serve. O forse solo quando non serve. Di controllare le mie disavventure. O di non controllarle.
Ho bisogno di avere bisogno. Ho bisogno di ossa e ossigeno. Di “chilometro” zero, di centimetri vicini, di contatti inusuali per pelli sensibili. Distanze. Arrossamenti di anima, unguenti, pozioni di labbra. Millimetri. Misure. Contatti.
Ho bisogno di mangiare tre volte dopo i pasti. Andare e ritornare. Delle mie “stronzate”. Di suonare i campanelli di un “risveglio” e poi scappare via. Nascondersi. Ho bisogno di noi che giochiamo a giocare, delle storie che sembrano favole, delle litigate alle due del mattino, delle pesche sciroppate dentro il barattolo, un paio di All Star di qualche misura in meno da mettere vicino alle tue.
Ho bisogno di concentrazione, di pazzia, di valigie da chiudere all’improvviso per “prendere” un giorno, un aereo, un treno, una macchina, una corriera, due piedi, un cammino, due mani, un secondo, un giorno, una vita. Ho bisogno di baciarti quando non serve. Mi emoziono davanti a un’alba di marzo come la luce radente di Caravaggio.