anche le formiche

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    Non  so voi, ma io di primo acchito ci sono rimasta male quando ho letto questa storia delle formiche lazzarone: l’ennesimo mito che cade, mi sono detta, perché, secondo i risultati di una serissima ricerca di due altrettanto serissimi studiosi dell’Università dell’Arizona, soltanto il 2,6% di questi insetti è costantemente attivo, mentre il 71% lavora solo part-time e il 25% non fa proprio nulla e se ne sta beatamente ad oziare tutto il giorno con le mani, ops, con le zampe, in mano.

    Ma com’è possibile? – mi chiedo. Sono secoli, anzi millenni, che noi umani prendiamo questi piccoli imenotteri come esempi viventi di laboriosità, di responsabilità, di previdenza, persino di senso civico dal momento che tutto il loro trafficare è funzionale al bene del formicaio, cioè della comunità, cioè del bene comune; e adesso ci dicono che è tutta una favola, che alla fin fine anche le formiche sono delle lavative incoscienti, né più né meno di quelle buontempone di cicale che poi d’inverno rischiano di crepare di freddo e di fame perché hanno preferito cantare piuttosto che accumulare riserve per la cattiva stagione….

    Insomma, faccio fatica a rassegnarmi a quest’idea, e continuo a sperare che i ricercatori si siano sbagliati.

    A meno che… Un dubbio mi sorge: che anche le formiche, soprattutto quelle delle nuove generazioni, si siano adeguate all’ andazzo generale del nostro tempo? Che si siano dette: – Ma cosa ci rompiamo la schiena a fare se poi tutto il nostro lavoro serve solo a ingrassare uno Stato che ci tassa tutto e poi se lo mangia in tangenti, sprechi e ruberie?

    Però, a pensarci bene, quest’ipotesi potrebbe reggere solo se gli insetti studiati fossero italiani, mentre invece ci assicurano che gli imenotteri oggetto dell’indagine sono americani. E allora?

    Allora provo a fare un’altra ipotesi, che mi sembra molto più simpatica: le formiche si sono stufate di passare tutta l’esistenza a sgobbare come dannate e si sono convinte che nella vita ci sono anche altre cose belle da fare: godersi il sole nelle belle giornate; chiacchierare con le vicine; passeggiare e giocare nei dintorni del formicaio e, perché no?, fare qualche bella cantata in compagnia, magari alternandosi alle cicale che, poverette, avranno pur bisogno anche loro di rifiatare ogni tanto….

    Mi piace quest’idea delle formiche che invece di continuare nel loro ossessivo andirivieni, sempre preoccupate di arraffare granelli e granellini, abbiano preso esempio dalle cicale, che prima disprezzavano, scoprendo quant’è bello fermarsi un po’ e fare coro. E magari, tra una cantata e l’altra, concedersi uno spuntino, invitando alla mensa anche le loro antiche nemiche e facendo la pace. Così  potremmo anche tornare a prendere le formiche come buon esempio di convivenza. E mandare definitivamente in pensione il vecchio Jean de la Fontaine e la sua crudele condanna per le cicale canterine.

    Ann

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