benedetta gente

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    «E mentre marciavi con l’anima in spalle / vedesti un uomo in fondo alla valle / che aveva il tuo stesso identico umore / ma la divisa di un altro colore». Un video di una guerra feroce di trincea, gli incursori ucraini che sorprendono soldati russi e li ammazzano, tutto ripreso da una telecamera sull’elmetto, come in un videogioco. «Sparagli Piero, sparagli ora / e dopo un colpo sparagli ancora / fino a che tu non lo vedrai esangue / cadere in terra a coprire il suo sangue». E vengono in mente i racconti dei ragazzi soldati della prima guerra mondiale, i cunicoli delle trincee scavate in montagna, gli inutili ripetuti assalti all’arma bianca per conquistare qualche metro di terra ferma, massacri. Ma anche, al tempo, qualche sprazzo di umanità residua. Nella canzone di De André il protagonista ha un attimo di esitazione e gli è fatale: «E mentre gli usi questa premura / quello si volta, ti vede e ha paura / ed imbracciata l’artiglieria / non ti ricambia la cortesia». Non si sta a pensare a chi ha ragione o torto, quelli che anche Putin avrà le sue ragioni, quelli che Zelensky poteva arrendersi e scappare all’estero, quelli che vogliono la pace a prescindere, quelli che a me non interessa che ho altro da pensare… «Cadesti a terra senza un lamento / e ti accorgesti in un solo momento / che la tua vita finiva quel giorno / e non ci sarebbe stato un ritorno».

    Vai a vedere sui giornali e stanno parlando d’altro. E’ estate, la bella estate. «A quei tempi era sempre festa. Bastava uscire di casa e traversare la strada, per diventare come matte, e tutto era così bello, specialmente di notte, che tornando stanche morte speravano ancora che qualcosa succedesse, che scoppiasse un incendio, che in casa nascesse un bambino, e magari venisse giorno all’improvviso e tutta la gente uscisse in strada e si potesse continuare a camminare camminare fino ai prati e fin dietro le colline» (Pavese). Già, altri tempi e perfino altre sensibilità. Perfino altra umanità. Sforniamo ragazzi “maturi”. Bellissima la traccia del tema su Moravia, tratta da “Gli indifferenti”. Ecco la definizione della nuova umanità. “Indifferente”. Anche alle stragi del mare. Magari incuriosisce (un verbo che misura al ribasso le sensibilità) quel batiscafo/sottomarino disperso nei fondali dell’oceano. E’ una sorta di revival, sempre nella confusione tra fiction e realtà, di “Caccia a ottobre rosso”: la storia dei sommergibili che riescono a eludere ogni radar o satellite ha risvolti anche drammatici, quel sommergibile russo che portò nella tomba tutto il suo equipaggio e adesso questo batiscafo che non lascia tracce sul fondo, quasi quattro mila metri di profondità e nessuno che riesca a rintracciarlo, storia che si intreccia con il più celebre naufragio, quello del Titanic, l’ “inaffondabile” per definizione che… affondò, che viene in mente il solito Bertold Brecht con le navi di quella “innumerevole” armata che al ritorno però “le si potè contare”.  Ma il risvolto è che mentre in superficie ormai siamo controllati e monitorati passo per passo, con la posizione rilevata dai nostri cellulari, nella profondità dell’oceano ci si può perdere che sarà anche per il caldo e la bella estate e allora tanto vale buttarsi sul male di vivere “mare mare mare voglio annegare /portami lontano a naufragare / via via via da queste sponde / portami lontano sulle onde” (Battiato).