#arawordbridge – L’intervista a Massimo Bubola. “Scrivere romanzi, è come passare, dal dipingere su tela, al fare grandi affreschi su intere pareti”

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Hai attraversato la storia della musica italiana. Ma anche della poesia e della letteratura, hai composto canzoni, hai scritto libri. Come vorresti essere definito, cantautore, scrittore, poeta?

“Per me la scrittura è una cosa unica, compreso quando compongo musica. Nella cultura umanistica, era normale passare da un genere all’altro. Nel Rinascimento Raffaello Sanzio, oltre che grande pittore fu anche architetto e scenografo, così come Gian Lorenzo Bernini che fu scultore all’inizio, poi architetto, commediografo e pittore. Oggi in un mondo specialistico e recintato come il nostro questo è difficile da comprendere.
Comunque io mi sento un poeta e un musicista, il resto è stato dovuto alle circostanze. È come essere un attore e trovarsi a fare il regista e lo sceneggiatore. In ogni caso credo che un’esperienza arricchisca l’altra e ti dia una visione più completa. Scrivere romanzi come sto facendo da un po’ di anni, è come passare, dal dipingere su tela, al fare grandi affreschi su intere pareti”.

Ho letto che la prima collaborazione è stata con Pino Donaggio. Un cantautore ante litteram, non classificato tra quelli “impegnati” che seguiranno. Ma con solide basi musicali. Fare una canzonetta sapendo fare musica di spessore è solo prendere atto che il mercato è quello?
“Non ho mai pensato ad una canzone in termini di mercato, semplicemente a volte è capitato, soprattutto quando ero più giovane, di lavorare con artisti che facevano un genere diverso dal mio, perché mi veniva chiesto dal direttore artistico della casa discografica in cui eravamo entrambi come nel caso di Pino Donaggio. In questo caso non parlerei di canzonette ma di canzoni, che infatti hanno avuto un grande riscontro internazionale. La sua ‘Io che non vivo’, fu cantata addirittura da Elvis Presley nella versione inglese. In ogni caso ho sempre cercato di dare il meglio di me, anche quando affrontavo un genere musicale e una poetica diversa da quella che mi era più confacente”.
Ho accennato ai “cantautori” che negli anni 70-80 erano poi davvero quelli anche impegnati, socialmente e alcuni politicamente. Tu come ti sei trovato nella… categoria? (Hai avuto contatti anche con altri, oltre a De André, ad es. con Antonello Venditti, lontananza geografica e anche anagrafica).

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