“Brutta storia questa storia per chi canta la vittoria?” (“Bomba boomerang”). Il verbo va coniugato al futuro semplice, chi canterà vittoria dopo le stragi, i massacri, le bombe, gli esodi, il pianto e le urla di disperazione? “Bomba boomerang / abbracciata a un dio / che non è di certo il mio”. Tre religioni in una sola città, chiamata “santa”. Il “Dio degli eserciti” dell’Antico Testamento, il “Dio di misericordia” dei cristiani e quello dei musulmani che a seconda delle interpretazioni è un Dio esclusivo e aggressivo o di tolleranza. Quello degli Ebrei è un Dio che predilige un popolo, quello “eletto” e gli spiana la strada, lo punisce ma poi lo assiste nella conquista dei territori della “terra promessa”. Ma è anche il Dio degli Ebrei che ammonisce: “A me la vendetta, io renderò la retribuzione, dice il Signore” (Libro di Samuele). Il Dio cristiano è ancora più tranchant: “Ma io vi dico: Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a coloro che vi odiano, e pregate per coloro che vi maltrattano e vi perseguitano”. (Vangelo di Matteo). Di Allah non so che dire, ho sentito a viva voce versioni talmente divergenti che meglio non giudicare, già fatichiamo a capire le differenze tra Sciiti e Sunniti, figurarsi nell’interpretazione di alcune sūre del Corano. Non c’è un’autorità unica che definisca, come nel cattolicesimo, la “giusta” interpretazione, ognuno legge quel che crede (e a volte quel che gli conviene).
Il “Dio lo vuole” è stata una costante nella “nostra” storia di cristiani, provocando aggressioni, guerre, crociate, sante inquisizioni, barbarie. Naturalmente a Dio si sono attribuite “volontà” che facevano comodo agli uomini, al tempo in cui gli uomini avevano ancora bisogno di Dio e non viceversa, come nel film “Dio ha bisogno degli uomini”.
Direte, ma qui non c’è una guerra di religione, c’è uno Stato, quello di Israele e un popolo, quello palestinese, che si contendono un territorio e addirittura il diritto alla propria esistenza.
Un’altra guerra alle porte e noi qui, sui comodi divani, a discutere su chi abbia più ragioni per massacrare il “nemico”. Il terrorista dell’Isis che ha ucciso due svedesi a Bruxelles aveva detto di volerlo fare per vendicare i musulmani perseguitati: “Viviamo e moriamo per la nostra religione”. È stato ucciso. Come è stato ucciso da un settantenne negli Stati Uniti un bambino che andava a scuola, solo perché “musulmano”. Nessuno dei due aveva ragioni sufficienti per uccidere. Almeno secondo il nostro senso civile del convivere, basato, teoricamente, sulle differenze che creano valore. Non è già più così, basta sentire i commenti nei bar, il “forestiero” è già un nemico, mangia, parla, crede in modo diverso. Il riso e il pianto però sono gli stessi, e non è poco.
Hamas è estremismo non solo politico, ma religioso. Come i Talebani in Afghanistan. Prendono il potere e sottomettono un popolo usando la religione. Hamas fa politica e terrorismo ma lo fa “a nome e in nome” del proprio Dio che è diverso da quello di Israele. Che in teoria è uno Stato laico, anche se la genesi è religiosa, è la storia dell’ebreo errante che si fa potenza per difendersi (e vendicarsi) delle passate persecuzioni e presenti minacce.
A spiegare l’odio razziale tra i due popoli non conta neppure la maledizione dei figli di Noè riconosciuta dalla Bibbia e anche dal Corano: Sem (semiti, popoli di mezzo, arabi ed ebrei), Cam (camiti, popoli del sud, popolazione africana) e Jafet (popoli del nord, indo-europei), destinati a ripopolare la terra dopo il diluvio universale. Proprio perché secondo la “tavola delle genti” in Genesi unisce arabi ed ebrei nella discendenza semita e hanno gli stessi padri e profeti (con aggiunte) sono due popoli che potrebbero convivere. No, hanno un Dio diverso.
Chi ha più colpe? La storia è fastidiosa da studiare, il passato è passato, adesso c’è stato un attacco bestiale a cui si risponde con l’occhio per occhio, dente per dente, lo dice l’Esodo, il secondo libro della Bibbia: “Pagherai vita per vita: occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, livido per livido”. Noi cristiani, del resto, dovremmo seguire l’indicazione del “porgere l’altra guancia”, ma resta solo una bella frase che ci fa perfino sorridere.
E allora mi viene in mente il film “Uomo bianco va col tuo Dio”, la frase finale del capo indiano al protagonista, Zachary Bass, tradito e abbandonato dai suoi compagni: il nemico, l’indiano, diventa l’alleato, il rispetto per l’uomo che ha rinunciato alla vendetta sorprendendo appunto gli stranieri nemici (gli indiani). Dai, uomini, bianchi o di qualsiasi colore, andate in pace col vostro Dio.