ATALANTA – “A guardia di una fede”, Andrea racconta il Bocia con un film raccolto in 30 anni di Curva: “Lo stadio, un laboratorio sperimentale, tra centro sociale e parrocchia….”

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Luca Mariani

Io Claudio Galimberti l’ho sempre stimato. Quando lo incontravi a 23 anni capivi già che era un top class, sia dal punto di vista dell’energia e sia da quello del ragionamento”. Non ha dubbi Andrea Zambelli regista e ideatore del film-documentario “A guardia di una fede” che racconta la storia della Curva Nord Bergamo vista appunto attraverso gli occhi del suo storico leader: il Bocia.

La pellicola è stata proiettata sabato 2 e domenica 3 dicembre all’auditorium di piazza della Libertà a Bergamo. In questa ultima opera del regista bergamasco classe 1975 sono racchiusi quasi tre decenni di storia della tifoseria organizzata atalantina: «La prima immagine del film risale al 1993. L’ha girata un mio amico. Poi dal 1998 inizia il mio girato. Inoltre c’è anche qualche immagine che mi hanno dato altri film-maker molto disponibili che hanno interagito con la Curva.» Spiega Zambelli che racconta la genesi del suo lavoro: «La curva è un ambiente che frequentavo dal 1993/94. Ho iniziato a viverla non da atalantino, ma solo perché ero incuriosito da questo mondo di aggregazione, passione e autogestione che negli anni Novanta si vedeva molto. Per citare il filosofo Hakim Bey: era una zona temporaneamente autonoma.»

Meno di dieci anni più tardi la fascinazione per questo mondo della curva e la passione per il cinema sfociano in un film. È il 2001 ed esce “Faranno tutti silenzio” la pellicola che segna l’esordio cinematografico di Andrea Zambelli, che proprio quell’anno si laurea al DAMS di Bologna. «Quel film parla della Curva Nord bergamasca. L’ho girato nel 2000 e ho finito di montarlo l’anno successivo.» Ricorda il regista classe 1975: «All’inizio non è stato facile convincere gli ultras che fosse giusto fare un film con delle immagini girate in curva. Claudio è stato uno dei primi che ha capito la necessità di quel lavoro. Lì ci siamo conosciuti meglio. Quando hai a che fare con una persona che è protagonista nel tuo film si sviluppa un legame.»

Andrea Zambelli e il Bocia hanno ragione. “Faranno tutti silenzio” è un grande successo. Per anni «ha girato tanto nelle altre curve e ha rappresentato un riferimento anche teorico su cosa vuole dire essere un certo tipo di ultrà.» Rimarca con orgoglio il regista bergamasco.

Dopo questo esordio nel mondo del cinema, Andrea Zambelli non solo solidifica il suo rapporto con Claudio Galimberti detto il Bocia, ma diventa sostanzialmente l’addetto alle riperse del tifo organizzato atalantino. «Tutte le volte che alla Curva serviva un filmatino o piuttosto un video da proiettare alla Festa della Dea chiedevano a me. Così nel corso degli anni ho continuato a produrre un girato», nonostante Zambelli negli ultimi vent’anni abbia viaggiato molto. O per motivi di studio o per fare film. Da Bologna a Torino e per un po’ di tempo a Roma. E poi in giro per il mondo: nella striscia di Gaza, in Colombia e in Birmania. «Comunque ho sempre tenuto un occhio sulla Curva Nord.» Precisa il regista quarantottenne. «Così ad un certo punto mi sono reso conto che avevo in mano una storia importante da raccontare. Avevo in mano tanto girato, che se non avessi fatto il film sarebbe rimasto nel mio cassetto e non sarebbe stato comunicato a nessuno. Allora è stato quasi un obbligo fare questa pellicola.»

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