LACRIME DI BOSCO

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    Non lo so che sarà. Che sarò io nemmeno. Non voglio nemmeno più i pacchi sotto l’albero. Vorrei ritrovare tutti gli ingranaggi di me e come un bimbo con i Lego ricostruirmi a poco a poco. Sbagliando anche pezzi ogni tanto. Ma ripartire. Il brillare degli occhi, una goccia d’essenza, un sospiro sul bavero, il respiro sul vetro, di lacrime una briciola ma poi una mollica di sorrisi. E sorrisi fuggevoli, e un pugno di parole che volano in un angolo come rifiuti lievi che il vento porta via. E ancora non vorrei dimenticare quei tre fiocchi di neve.
    Solo questo. Ho nostalgia di quello che non ho più, il predicare sottile e funambolico del gomitolo che rotolava in cucina, l’elettricità dell’aria in attesa della pioggia promessa, le prove di volo delle foglie, il vento in tutte le sue traduzioni, il crepitio di certi pensieri fecondi, il fruscio del tuo affacciarti alle mie notti. Altro non mi serve. In questo strano Natale che si affaccia vestito di troppe cose.
    Vorrei l’aria in faccia, il cuore alto che esplode, piangere lacrime di bosco e di roccia, di aquile e vertigini, pensieri d’aria, non grumi pesanti, una danza senza peso.