PONTE NOSSA – Demolizioni in corso nell’area ex-Cantoni: “Venivo a piedi dalla Val del Riso con gli zoccoli in mano”

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Proseguono le opere di riqualificazione per il recupero dell’area industriale ex-Cantoni, già acquisita per il 30% dalle ‘Officine meccaniche’ confinanti, che vede anche la presenza di Scame e di Lamiflex del gruppo Itema. La seconda parte dei lavori previsti ha visto recentemente l’inizio delle opere di demolizione del secondo comparto dell’area, di proprietà di Itema, il gruppo meccanotessile con sede a Colzate, lavori durante i quali il sindaco Stefano Mazzoleni, sollecitato dagli abitanti della zona, ha dovuto intervenire affinché la ditta demolitrice provvedesse ad abbattere le grandi nuvole di polvere che si sprigionavano dal cantiere durante la demolizione del Convitto, il grande edificio che ospitava le operaie che provenivano dai paesi più lontani, e cioè dall’altopiano di Clusone, da Ardesio e dalle sue frazioni, da Valcanale, da Lizzola, da Valbondione, da Sovere e Lovere, dalla Val Cavallina e oltre, Nel 2020 si era proceduto alla demolizione dell’edificio della filatura. Il Convitto faceva parte del secondo comparto dell’area da riqualificare, il più grande (circa il 70% del totale), che aveva cambiato proprietà solo nell’estate del 2022, quando era stato acquisito da Itema.

LA STORIA – “Venivo a piedi dalla Val del Riso con gli zoccoli in mano per non consumarli”

Il Convitto, costruito agli inizi del ‘900, era una delle opere assistenziali per i dipendenti realizzate da Giuseppe Frua secondo la filosofia paternalistica del tempo, insieme alle case per i dipendenti per 100 famiglie, all’asilo infantile, all’educatorio-scuola di lavoro, alla biblioteca, alla cooperativa di consumo, ai bagni a disposizione non solo dei dipendenti ma anche delle loro famiglie ed alle colonie marine estive per i bambini e i ragazzi. Poteva ospitare 250 persone, in prevalenza donne, che vi risiedevano durante la settimana lavorativa ed era gestito dalle Figlie di Maria Ausiliatrice con rigorose regole di comportamento, mentre d’estate poteva ospitare per una breve vacanza anche operaie dipendenti dagli altri stabilimenti del gruppo, come quelli di Milano, Aglié e Legnano. Secondo le testimonianze delle ex-operaie – ormai pochissime per ovvìi motivi anagrafici – le Suore si occupavano della custodia delle lavoratrici, insegnavano loro principi di economia domestica ed erano anche molto attente alla loro formazione morale e religiosa. Del resto erano molto severe anche le regole che vigevano nella fabbrica: massima puntualità, serietà e lavoro solerte, mentre erano previste multe e trattenute sulla paga per chi non rispettasse la disciplina aziendale. Ora al posto del vecchio Convitto c’è solo un enorme cumulo di macerie, ma c’è ancora chi lo ricorda con un po’ di malcelata malinconia:

Io non stavo in Convitto perché ero vicina allo ‘stabilimént’, nel senso che abitavo in Val del Riso, alla Turbina – dice la Gina, arzilla signora 94enne – . Tutti i giorni un’ora all’andata e una al ritorno, naturalmente a piedi, anche d’inverno, con la neve, con gli zoccoli in mano perché in fabbrica bisognava calzare gli zoccoli ma fuori li usavamo poco perché non bisognava consumarli troppo presto…

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