Cristina Bettoni
Nel ventesimo secolo (1900) a Tavernola a poco a poco, soprattutto per gli uomini, ma anche per le donne, in verità, si incominciò a vivere con meno timore per il futuro. Dall’inizio del secolo (1902) era sorta, appena dopo “ol caì”, la fabbrica di calce finanziata dal prof. Bernardo Sina, che aveva assunto al suo interno operai tavernolesi. Di lì a poco si allinearono altre tre fabbriche di cemento (ottimo, grazie al contenuto di calcare della roccia del monte Saresano che fu “preso d’assalto”).
Per le donne ci fu invece un ampliamento della Filanda Capuani che produceva filo di seta di qualità e dava lavoro a tutte coloro che desideravano collaborare a produrre reddito di famiglia.
Il reddito del lavoro in filanda non era comunque sufficiente a mantenere da solo la famiglia (di regola numerosa) ed era perciò riservato a donne giovani e a vedove con figli.
Si entrava in filanda a dodici anni con il ruolo di “spasarine” e tali si rimaneva fino a quando il Direttore, opportunamente sostenuto dalle “agente”, decideva di promuoverle “filarine”.
Accanto all’ampia sala dove c’erano le postazioni di acqua bollente entro cui si ponevano i bozzoli c’erano 30/40 spasarine che pescavano, con le mani immerse nell’acqua bollente, i capi del filo di seta del bozzolo e lo porgevano alla “filera” che lo annodava al filo precedente in modo invisibile aggiungendolo così al filato.
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