Sere, ti sbircio, dai un occhio anche tu però, ok, quaggiù non è come lassù ma qualche volta un po’ di fiori colorati tra prati, cuori e anime crescono anche qui.
Sere, sento il profumo dei biscotti col mais di Gandino e la tracolla della tua nuova borsa sa di incanto, roba da metterci dentro sorrisi, rancori, gioie e dolori e qualche caramella haribo da succhiare davanti alla luna piena.
Sere, qui è tutto una mappa, di incontri e scontri, di strade chiuse e vicoli aperti, e tu mi sbirci come fossi una scacchiera di battaglia navale, non so ancora dove affonderò, perché io affondo sempre prima o poi, ma tu lassù segnerai una fenditura con la biro blu degli occhi e mi porterai in salvo, su una terra consegnata, un tema della luce, senza crepe: tu m’insegni, il filo la tela, la presa l’abbandono, tenere restare stringere e poi rinascere.
Sere, le poesie che ho vissuto tacendo sul mio corpo mi chiederanno la loro voce un giorno,
coi piedi liberi come ali, coi capelli che mi coprono gli occhi − perché così ti vedo più profondamente.
La Poesia non ha mai camminato così sotto i bianchissimi meli in fiore di nessun Paradiso’
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