NEMBRO – Antonio: “La mia vita da emigrante, dopo 30 anni quella sera che mi regalarono un orologio Longines e cinque marenghi d’oro. I giovani che emigrano? Basta dire che vieni da Bergamo: è una garanzia, ti assumono di sicuro!”

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di Luca Mariani

L’Italia non è un paese per giovani. Non lo è adesso, nel secondo decennio degli anni Duemila. Però purtroppo non lo era nemmeno a metà del secolo scorso. Lo sa bene Antonio Zanchi che il 20 gennaio 1935 nasce a Marsiglia da genitori italiani: «Erano entrambi di Cornale. Si erano trasferiti lì perché il papà faceva lo scaricatore al porto.» Sei anni passati nella città francese e poi il ritorno in patria, in val Seriana. «Sono cresciuto a Nembro. Qui a 14 anni ho iniziato a lavorare nella ferriera Ferretti. Ci sono stato per due anni. Poi mi sono fatto male e il mestiere non mi piaceva, così ho cambiato.» Perciò a 16 anni Antonio inizia un doppio lavoro: panettiere a Nembro e giardiniere ad Alzano Lombardo.

Questa situazione dura solo un paio d’anni. Il ragazzo nembrese nato sulle coste del mar Mediterraneo vuole qualcosa di meglio: «A 18 anni io e Maria Mutti di Nese, che allora era la mia fidanzata, siamo partiti per la Svizzera. Prima avevamo già preparato i passaporti turistici. Siamo andati a Wettingen nel cantone Aargau perché la mia fidanzata conosceva una coppia che viveva lì e che continuava a dirle: “vieni qui e trovi subito lavoro.”» E in effetti è proprio così. Tre giorni dopo l’arrivo in terra elvetica Maria viene assunta in un ristorante e nel giro di una settimana anche Antonio trova un impiego come fornaio.

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