La storia che si fa Storia, quando il lungo racconto è di un uomo, un prete, un vescovo che ha attraversato il secolo che non è stato affatto “breve”, come viene solitamente definito, un lungo stravolgimento della vita, dalla civiltà contadina a quella industriale, dai difficili anni della povertà a quelli del benessere, da una Chiesa trionfante a una Chiesa che sta tornando ad essere missionaria, non nel terzo mondo ma nello stesso mondo occidentale, cercando un nuovo linguaggio, per fronteggiare l’illusione diffusa di poter fare a meno di Dio.
Mons. Gaetano Bonicelli ha avuto il dono della parola. E perfino quel periodo in cui è stato “afono” (era Curato ad Almenno) è stato un segno per poter poi riprendere a far sentire la sua “nuova” voce in modo più maturo e incisivo, dopo gli studi a Milano e alla Sorbona di Parigi.
Non è mai stato banale, nessuno si addormentava durante le sue omelie, spiazzando anche l’uditorio con una parlata che arrivava su due piani, quello più colloquiale e popolare e quello più profondo per cultura e conoscenza teologica.
Per questo da Vescovo ha messo l’accento più volte sulla capacità (o incapacità) dei suoi preti di trasmettere il messaggio forte del Vangelo nelle omelie domenicali. E anche sulla “domenica” ci sono stati suoi interventi in tempi in cui nessuno avvertiva ancora lo sfaldarsi della sacralità della festa del “dies Domini”, che a mano a mano veniva riempito di eventi e appuntamenti extra religiosi, dal calcio al dilagare delle nuove “cattedrali”, i centri commerciali.
Solitamente in vecchiaia ognuno di noi tende a camminare con la testa rivolta al passato.
Don Tano continua da “vecchio” a guardare avanti, le sue analisi sono lucide, non rimpiange nulla, guarda al futuro come un giovane prete appena piombato sul campo minato di un mondo che perfino nella pandemia non ha alzato gli occhi al Cielo, ma sta dividendosi e azzuffandosi come i classici capponi di Renzo nei Promessi Sposi.
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