(Dal 24 maggio 2024) Fare il vigile del fuoco non è un mestiere semplice. Farlo a Roma ancor meno. Ma se sei bergamasco e atalantino è tutto più complicato, soprattutto dopo la finale di Coppa Italia persa allo stadio Olimpico. Però si sa: i pompieri paura non ne hanno. Tantomeno Claudio Guerini, per tutti Barze, che la sera del 15 maggio è in servizio proprio sugli spalti: «Qualcuno sul pullman mentre tornavamo in caserma mi ha lanciato degli sfottò, delle battute. Sono tutti amici o laziali o romanisti. Ad un paio di loro ho detto: “Scusate ma voi dove avete giocato stasera?” Dopo che ho risposto così non mi hanno detto più niente.» Mentre il sole si nasconde dietro il Cupolone di san Pietro e la marea di tifosi nerazzurri inonda le vie tra la Farnesina e il Foro Italico, Barze è già appostato in curva nord: «Mi sono fatto mettere in servizio lì perché sapevo che era il settore degli atalantini e così avrei potuto salutare un po’ di gente. Ho incontrato tanti miei amici di Gazzaniga, tra cui Anselmo barber. Tanti altri non sono riuscito a vederli perché c’erano tantissimi atalantini. Di alcuni non sapevo neanche fossero lì, l’ho scoperto il giorno dopo perché hanno messo le foto sui social». Durante i novanta minuti Barze è posizionato nel punto più alto della curva, affianco al maxischermo. Lui è in piedi e si muove in continuazione per cercare di sfogare il nervosismo che non può esprimere a parole. I suoi due colleghi vigili del fuoco sono comodamente seduti sui seggiolini blu dell’Olimpico: «La partita è stata una sofferenza. Certamente per il risultato, ma anche perché ero in divisa ed ero obbligato a comportarmi in maniera professionale. Perciò dovevo tenermi tutto dentro». Per il pompiere classe 1968 non è la prima volta allo stadio in servizio. Già la scorsa stagione ha visto la sua Atalanta sfidare e battere la Roma. «Dato che ero in divisa non ho potuto esultare. Quello che più mi scoccia è sentire i loro commenti e non potere rispondere, anche perché io ero da solo e i romanisti in tanti». Claudio detto Barze da dodici anni vive nella Capitale. Ormai i tifosi giallorossi li conosce e molti di loro sono diventati suoi amici. Infatti la scorsa domenica 12 maggio ha visto la sua Dea sconfiggere la Maggica in un Roma club. «Quando è finita la partita gli ho detto scherzosamente: “Mi raccomando uno alla volta, così magari qualcheduno lo stendo anche io”. Siamo tutti amici, è gente che ormai conosco da una vita. Come tifosi sono un po’ come noi, perché anche se perdono continuano a cantare e a sostenere la squadra fino alla fine, a differenza di tante altre tifoserie. Questa è una bella cosa. Certo dire che sono simpatici come tifosi però è un parolone» Barze ha da poco compiuto 56 anni. La barba grigia, più marcata attorno alla bocca, segna i limiti di un viso robusto e massiccio. Prima di trasferirsi sulle rive del Tevere, Claudio è nato e cresciuto a Gazzaniga. Poi il matrimonio a Semonte con due figlie: Alice di 27 anni e Giorgia di 24. La separazione e la voglia di cambiare aria: «Bergamo ormai mi andava un po’ stretta. Ho conosciuto una ragazza di Roma, così mi sono trasferito.» Qui si risposa e da questo matrimonio nasce un’altra bambina: Francesca che ora ha otto anni e mezzo. «Io sono atalantino da sempre. Fino ad inizio anni 2000 sono andato allo stadio, prima come tifoso e poi come pompiere. La storica semifinale di Coppa delle Coppe in casa contro il Malines l’ho vista allo stadio. Era il 1988 ma ricordo ancora che avevo cambiato il turno per riuscire ad esserci. Prima della partita mia cugina mi aveva pitturato la faccia a strisce nero e azzurre. Era una bella passione.» Barze adesso torna in bergamasca solo qualche giorno ogni mese. Questo tempo è dedicato alle figlie e alla mamma. Perciò è da tanto che il pompiere gazzanighese non frequenta più lo stadio che fu Comunale. «Però l’anno prossimo voglio organizzarmi per riuscire a tornarci, anche per vedere come è lo stadio rifatto.» Una fede per la Dea che non è scemata a causa della distanza da Bergamo. Una passione per l’Atalanta che Barze ha trasmesso a tutte le sue tre figlie: “Alice adesso è in Bolivia per volontariato. Lei e suoi due amici sono arrivati in vetta sulle Ande a più di quattro mila metri. Hanno fatto la foto con la sciarpa dell’Atalanta vicino alle bandiere di tutto il mondo che sono state portate lì dagli alpinisti. Giorgia spesso va allo stadio perché il suo ragazzo è tra quelli che organizzano le attività della curva. Anche Francesca si sente atalantina nonostante sia romana. Dà contro ai suoi compagni di classe romanisti o laziali. Il giorno prima della finale mi ha detto che ha bisticciato con un suo amichetto atalantino.» Essere atalantini nell’era Gasperini rende i lunedì mattina meno pesanti e la vita più facile, anche se fai il pompiere e vivi e lavori a Roma. Claudio Barze Guerini lo sa bene. Così, che sia a Gazzaniga o ai piedi del Colosseo non ha paura a proclamarsi un tifoso della Dea.
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