ATALANTA – Dalla Sicilia per tifare Atalanta: “Noi siamo sempre in trasferta. I due fondatori, Roberto nato a Scanzo ma che vive a Caltanisetta, e Beppe di Catania: in Sicilia ci guardano con simpatia…”

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    (Dal 24 maggio 2024) “Sempre in trasferta”. Per qualcuno potrebbe essere una frase fatta. Un motto accattivante, ma vuoto di significato. Per i tifosi dell’Atalanta che vivono in Sicilia, invece, è la realtà di ogni settimana. «Lo abbiamo scritto sulle nostre sciarpe di Sicilia atalantina, perché per noi ogni partita dell’Atalanta è una trasferta.» Parola di Giuseppe Peppe Di Marco, che di questo particolare gruppo di tifosi della Dea è il cofondatore con Roberto Gruber. «Lui è nato a Scanzorosciate e vive a San Castaldo in provincia di Caltanissetta. Io invece vivo a Riposto in provincia di Catania. Dopo la finale di Coppa Italia del 2019 ci siamo incontrati all’aeroporto di Fiumicino, ma ci eravamo già conosciuti grazie ai social. Allora ci è venuta l’idea di creare un gruppo che riunisse tutti i tifosi dell’Atalanta che vivono nella nostra isola.» Peppe e Roberto aprono una pagina facebook e un profilo instagram. Grazie alla capacità aggregativa dei social il gruppo di Sicilia atalantina prende forma, cresce e si organizza: «Con nostra sorpresa abbiamo scoperto che in Sicilia vivono più di una decina di atalantini. A distanza di cinque anni siamo una realtà. Veniamo in curva con il nostro stendardo. Certo non possiamo fare presenze massicce perché per noi è lontano venire fin lassù, ma quasi tutte le partite c’è qualcuno che ci rappresenta.» Un gruppo variegato e colorato, di donne e uomini con storie ed esperienze molto diverse, ma tutti accomunati dalla fede nella Dea. C’è Clelia Lamanna, la team manager, originaria di Palermo che vive a Bergamo da molti anni. C’è Lorenzo Raciti che adesso vive a Catania, ma è originario di Pedrengo. C’è Giovanni, un ragazzo di Scicli che è andato a Liverpool per l’andata dei quarti di Europa League. E poi c’è Peppe il cofondatore di Sicilia atalantina che è nerazzurro dal 1973, da quando è nato a Bergamo, da genitori entrambi messinesi: «Quando avevo quattro anni i miei sono tornati in Sicilia. Io ho sempre mantenuto un bel rapporto con la città bergamasca grazie ai miei genitori che mi hanno sempre parlato bene della gentilezza e della civiltà delle persone. Anche se ho vissuto poco lì, mi sono sempre sentito bergamasco dentro, anche se parlo con una chiara cadenza siciliana. Però ho sempre avuto Bergamo nel cuore, perciò ho sviluppato un amore per l’Atalanta, la squadra della mia città». Una passione per la Dea figlia non solo di un senso di appartenenza territoriale, ma anche del suo stile e della sua storia: dalla valorizzazione del vivaio in grado di lanciare nel grande calcio tanti talenti, con alcuni diventati poi campioni, alla capacità di combattere sempre con le grandi squadre italiane fino a meritarsi il titolo di Regina delle provinciali. «Certo i risultati però non erano come adesso.» Commenta Peppe sorridendo soddisfatto: «Io l’ho vista spesso quando ha giocato in Sicilia in serie B: Palermo, Catania e Acireale. E ogni volta sentivo un trasporto incredibile, anche se perdeva quasi sempre. Mi sentivo atalantino dentro». Peppe è orgoglioso della sua creatura. Lo stendardo due-aste nerazzurro della sua Sicilia atalantina è pressoché sempre presente sugli spalti quando in campo scendono i ragazzi di mister Gasperini. «Questo gruppo ci dà molte soddisfazioni, nonostante le difficoltà logistiche: la Sicilia è un’isola molto grande e tra noi siamo molto lontani fisicamente. Perciò cerchiamo di fare quello che riusciamo e di essere presenti alle partite il più possibile. Tutte è impossibile per la distanza e per i voli che costano molto. Per questo nostro impegno siamo molto apprezzati dai bergamaschi. Abbiamo fatto molte amicizie con uomini e donne in curva che si sono avvicinati a noi con simpatia. È una grande gioia per noi.» Ma la passione atalantina per Peppe non si ferma ai novanta minuti della partita. Esce dagli stadi e si insinua in tutta la vita. Non solo come metafora, secondo la teoria elaborata da Jean Paul Sartre, ma anche come insegnamento e modello: «Con questo gruppo noi vogliamo lanciare un messaggio che aiuta a superare i luoghi comuni, perché i bergamaschi non sono razzisti con i meridionali. Vogliamo dimostrare che queste sono solo banalità: la gente di Bergamo ci ha accolto sempre bene. Siamo in curva, nel cuore caldo del tifo e non abbiamo mai avuto problemi, anche ad esporre il nostro stendardo. Ci sentiamo parte del mondo Atalanta. Ci siamo entrati in punta di piedi, continuiamo a farlo, ma siamo orgogliosi di farne parte. Vogliamo dimostrare sia qui in Sicilia, sia a Bergamo che si può andare d’accordo superando i luoghi comuni.» Peppe è un tifoso atalantino convinto, anche se il dialetto bergamasco lo capisce ancora poco e riesce a dire solo: «Pura de nisù, schefe de negot. Noter de Berghem.» sempre con una accentuata cadenza sicula. Malgrado questo limite linguistico il cinquantunenne dalla pelle abbronzata e dai capelli che tendono al grigio ogni giorno porta con sé il suo essere seguace della Dea: «Ogni giorno esco con qualcosa di atalantino addosso, dal giubbotto, alla maglietta. La gente con mia sorpresa vede l’Atalanta con simpatia. Magari c’è qualche sfottò con gli amici più stretti. Ma c’è affetto e stima per questa squadra che gioca bene. Molta gente mi parla bene del gioco del Gasp e qualcuno anche dei tifosi, anche se storicamente la tifoseria atalantina ha sempre avuto dei rapporti non sempre idilliaci con i tifosi del Catania, per cui c’è qualcuno a cui non sta molto simpatica. Però quando vince la Dea la gente mi ferma per farmi i complimenti, quindi negli ultimi anni ne ricevo molti. Anche sul lungomare, quando incontro turisti di Bergamo mi fermano e mi salutano. Questo è bello perché mi sento anche un punto di riferimento. Come gruppo vorremmo fare anche questo: essere un punto di riferimento per i bergamaschi che vengono in Sicilia per dare loro consigli.» Vincere un trofeo è un sogno, ma alzarlo al cielo dopo aver battuto la Juventus per Peppe sarebbe stato il massimo dei desideri: «La finale di Coppa Italia per noi è stato un derby. Qui in Sicilia sono tutti juventini. Io ho preso un volo in cui tutti erano bianconeri. Siamo la regione con più Juventus club d’Italia. Purtroppo abbiamo perso, ma come tifosi ce la saremmo meritata.» La delusione dell’Olimpico non frena la passione di Giuseppe Peppe Di Marco. Lui e i suoi conterranei di Sicilia atalantina, stendardo due-aste alla mano, sono sempre pronti a prendere treni, bus e aerei per sostenere dagli spalti degli stadi d’Italia e d’Europa la loro Dea, perché in fondo tifare è più affascinante quando si è “sempre in trasferta”.