L’inchiesta QUESTO MATRIMONIO NON S’HA DA FARE. Addio altare, nella bergamasca un matrimonio su due viene celebrato in municipio, viaggio nei paesi della bergamasca

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Il primo matrimonio civile perpetrato nella mia Parrocchia? Signore, lì polverizzerò’. Era il 1961, l’anno di “Don Camillo, monsignore ma non troppo”, quarto episodio della celeberrima saga guareschiana di Peppone e don Camillo.

Il vulcanico prete della rossa provincia emiliana doveva affrontare la ‘grana’ del matrimonio civile del figlio del sindaco comunista. Peppone, infatti, voleva imporre al figlio un matrimonio in Comune, per ragioni partitiche, e don Camillo lo voleva evitare. Si arrivò a un compromesso (matrimonio in municipio e poi in una chiesina defilata). Anni lontani, anzi, lontanissimi. Quella era la rossa Emilia Romagna, figuriamoci la bianca, bianchissima provincia bergamasca, la ‘sacrestia d’Italia’. Ebbene, la situazione si è ribaltata anche qui, nella (ex) cattolicissima terra bergamasca. Il boom delle convivenze ha fatto deragliare il treno dell’istituto matrimoniale, tanto che ormai sembra strano parlare di due giovani che si sposano. E così siamo andati a fare un’indagine nei paesi della bergamasca, scoprendo situazioni davvero curiose. Un viaggio tra Clusone, Nembro, Lovere, Cenate Sotto, Trescore, Sarnico, Vilminore, insomma nel cuore della terra orobica dove ci si ama ancora ma non sull’altare…

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